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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2010 alle ore 06:38.
PARIGI. Dal nostro corrispondente
I giovani, e cosa c'entrano con le pensioni? Da quando gli studenti si sono affiancati ai lavoratori dipendenti nei cortei di protesta contro la riforma previdenziale questa domanda continua a riproporsi: sui giornali, nei bar, nelle case, alla televisione. Sui siti, ovviamente, dove sono ormai decine i forum su questo argomento.
C'è chi ricorda, soprattutto tra i sessantenni nostalgici, l'immancabile '68. Chi, più giustamente, cita la contestazione del 2006, quando la rivolta studentesca costrinse la coppia Chirac-De Villepin (accusati di non aver saputo dialogare da tal Nicolas Sarkozy, allora ministro dell'Interno) a fare retromarcia sui contratti di primo impiego, già votati dal parlamento e addirittura promulgati dal presidente. C'è chi li accusa e chi li difende. Chi li prende in giro e chi li incoraggia. Chi pensa siano strumentalizzati e chi ritiene che abbiano sufficiente sale in zucca per ragionare con la loro testa.
Ci si chiede anche se durerà, questo movimento che peraltro non sembra crescere e diffondersi, anzi. Se reggerà alle vacanze di Ognissanti, con le scuole chiuse da ieri pomeriggio al 4 novembre. Ieri mattina, secondo il ministero, i licei "in agitazione" erano 185 su 4.300, meno della metà rispetto alla scorsa settimana. E nelle università la protesta non pare riscuotere maggiore successo: solo otto atenei su 83 non stanno funzionando regolarmente. L'impressione è che il movimento, insomma, sia finito ancora prima di cominciare ad avere una forza d'urto politicamente significativa.
Fin qui i numeri e le sensazioni degli osservatori. Che non sempre fanno rima con gli stati d'animo, dai quali possono arrivare delle sorprese. Anche perché gli studenti non vanno in piazza solo, e forse neppure soprattutto, per le pensioni. Jean-Baptiste Prévost ha 26 anni, due genitori dipendenti pubblici ed elettori socialisti, studia a Science-Po ed è il presidente dell'Unef, la principale organizzazione degli studenti universitari, che ieri ha deciso una giornata di mobilitazione per martedì prossimo: «Cominciamo con il dire che nonostante molti lo neghino c'è un legame tra allungamento dell'età pensionabile e lavoro per i giovani. Ma il punto non è questo. Il punto è che il lavoro non c'è e quando c'è è precario. Il 23% di chi ha meno di 25 anni è disoccupato. Noi chiediamo prospettive. Chiediamo che gli anni di studio, stage, formazione vengano conteggiati come periodo lavorativo. Chiediamo che ci venga data la speranza di poter vivere come o meglio della generazione che ci precede e non per forza peggio. E il governo ci manda un messaggio solo, quello di dover lavorare più a lungo. Imponendo la sua decisione, senza dialogo, senza confronto, senza discussione».