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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2010 alle ore 12:32.
L'ex leader della cellula di al Qaida a Baghdad, Sheik Husain, responsabile del sequestro di Giuliana Sgrena, denunciò la presenza di esplosivo sulla macchina che portava la giornalista italiana e Nicola Calipari all'aeroporto di Baghdad; per questo i soldati americani aprirono il fuoco contro la vettura, uccidendo l'agente italiano. Questa è la rivelazione contenuta nei circa 400mila documenti riservati sulla guerra in Iraq diffusi da Wikileaks, che ha già annunciato tramite Kristinn Hrafnsson, che presto pubblicherà anche i 15mila documenti del Diario afghano rimasti nel cassetto.
Raccontando la verità sulla guerra in Iraq, ha detto Julian Assange, fondatore del sito internet specializzato in intelligence, «abbiamo preso un rischio enorme, ma avevamo promesso alle nostre fonti che saremmo andati fino in fondo».
Sheik Husain, dopo il suo arresto, avrebbe rivelato ai servizi di intelligence giordani che per la liberazione della giornalista italiana sarebbe stato pagato un riscatto di 500mila dollari. E che lui stesso, una volta incassato il denaro, avrebbe chiamato il ministero dell'Interno iracheno per denunciare l'arrivo all'aeroporto di una macchina carica di esplosivo pronta a saltare in aria.
Non torna però la descrizione dell'auto, descritta come una "bleu chevy celebrity", una vecchia Chevrolet blu, mentre l'auto su cui viaggiavano Sgrena e Calipari era una Corolla bianca. Nel documento diffuso da Wikileaks si afferma che le informazioni sono state confermate da "fonti indipendenti", ma l'affidabilità non è stata verificata.
Secondo Giuliana Sgrena nei documenti ci sono degli «elementi che contribuiscono alla ricerca della verità per quanto successo ma sicuramente non c`è tutto, c`è solo una parte». Intanto, aggiunge Sgrena, «la macchina cui si fa riferimento non era quella sulla quale viaggiavo, ma ancora più importanti sono altri elementi che non vengono raccontati, ovvero il fatto che ci furono dei tentativi per depistare Calipari prima di arrivare al mio ritrovamento. Calipari mi trovò solo in un secondo momento, sviato nelle sue ricerche da diversi servizi segreti».
Per la Sgrena gli Stati Uniti in tutta questa vicenda non hanno mai collaborato. «Ho anche scritto una lettera a Hillary Clinton - ha sottolineato Sgrena - per chiedergli che cambiasse l'atteggiamento dell'amministrazione Usa dopo l'elezione di Obama, soprattutto ora che si ritirano dall'Iraq. Per fare chiarezza su una guerra che è di Bush, non di Obama. Quello che spiace è vedere come invece l'Italia abbia rinunciato alla propria sovranità nella vicenda Calipari. Quando tornò in patria, dentro una bara, venne trattato come un eroe. È stato dimenticato in fretta. Rinunciando a imporre la propria giurisdizione per fare un processo dove almeno si poteva cercare la verità - conclude - per la morte di quello che era il numero due della nostra intelligence, l'Italia ha perso la propria dignità».