Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2010 alle ore 06:37.
Gyeongju. Dal nostro inviato
Potrebbe essere uno dei sintomi più tangibili della ritrovata volontà di cooperazione fra i paesi avanzati e quelli in via di industrializzazione. Il segno della buona volontà di costruire uno schema di collaborazione multilaterale dovrebbe essere il riferimento al varo della riforma della governance e delle quote del Fondo monetario internazionale, contenuto nel comunicato finale di questa riunione di ministri e governatori: una riforma che dovrebbe ricevere a Seul l'11 e il 12 novembre prossimi la benedizione dei capi di Stato e di governo, ratificando così lo sforzo per dare più ruolo e più voce in capitolo all'istituzione nata a Bretton Woods, in questo processo che porterà al contenimento degli squilibri globali.
Al direttore dell'Fmi, Dominique Strauss- Kahn, che a fine estate aveva fatto un giro nelle capitali europee proprio per sensibilizzare i suoi azionisti sull'opportunità di procedere a passo più spedito verso la riforma, è stato dato il mandato di formulare una nuova e più dettagliata proposta entro la fine di ottobre (in tempo per Seul, quindi).
Concretamente, le questioni sul tappeto sono due: da un lato si tratta di realizzare il trasferimento del 5% dei diritti di voto dai paesi avanzati (in prevalenza paesi più piccoli dell'Europa) ai paesi emergenti. Oggi, infatti, la somma di Belgio e Olanda sorpassa le quote attribuite alla Cina e ciascuno dei due conta più di India e Brasile. Dall'altro lato, c'è da risolvere la questione governance: attualmente sono attribuiti all'Europa ben 8 (9 con la Russia) seggi, sui 24 complessivi del board Fmi: gli Stati Uniti da tempo fanno pressioni sull'Europa perché si "sacrifichi" allo scopo di adeguare alla realtà un'istituzione disegnata più di sessant'anni fa: infatti, in un primo momento hanno bloccato una decisione che avrebbe permesso di mantenere lo status quo; poi hanno proposto il ritorno (come da statuto originario) a 20 seggi, una soluzione che tuttavia sarebbe stata inefficace, perché avrebbe eliminato i seggi di India, Brasile, Argentina e uno dei due seggi africani, tutti destinatari della redistribuzione del potere di guida dell'Fmi. L'Ecofin, dal canto suo, ha proposto che degli otto seggi europei due siano condivisi a rotazione con paesi emergenti.