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Fini avverte: lo scudo non sia reiterabile, no al voto se c'è crisi

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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2010 alle ore 06:38.

ASOLO (TREVISO). Serve una fase politica nuova che metta al centro dell'agenda politica la soluzione dei problemi del Paese. Se sarà in grado, lo farà questo governo altrimenti nessuno scenario è precluso, neppure quello di un altro esecutivo. Riparte all'attacco Gianfranco Fini. A cominciare dal lodo Alfano che – sostiene – «non può essere reiterato», perché la "filosofia" dello scudo è difendere la funzione del presidente del Consiglio a prescindere da chi esso sia e non garantire «un privilegio ad una persona». L'annuncio arriva all'indomani della presa di distanza del Quirinale.

Fini sceglie il palcoscenico del teatro Duse di Asolo dove chiude cantando l'inno di Mameli assieme a Massimo D'Alema la due giorni di "dialoghi" sulla legalià organizzata da Farefuturo e Italiani europei. Il presidente della Camera torna a marcare i suoi distinguo. E non solo sul Lodo. A sorpresa propone di portare la tassazione sulle rendite finanziarie al 25% per coprire i costi della riforma dell'Università, attualmente priva di fondi dopo i tagli imposti dal ministro dell'Economia.

E per per non andare troppo fuori tema rispetto al titolo del convegno rilancia la legge anticorrotti sostenendo non solo l'incandidabilità di chi si è reso colpevole ma anche il divieto – sottolinea – a qualisiasi rapporto con la Pubblica amministrazione "consulenze comprese". L'obiettivo di Fini è evidente. Punta ad attribuire a Fli il ruolo di partito di lotta e di governo che la Lega ha dimostrato di saper ben sfruttare. Così come Bossi paventa a giorni alterni il voto anticipato, Fini lascia che aleggi il fantasma del governo senza il Cavaliere, che – ribadisce – «non sarebbe un colpo di Stato» anche se ovviamente ne andrebbe verificata «la opportunità politica» e in ogni caso la decisione è di esclusiva competenza del Capo dello Stato.

D'Alema lo incalza. «L'agenda politica è dettata dalle esigenze di Berlusconi che sono ben diverse da quelle del Paese, serve un governo di salvezza che faccia alcune riforme fondamentali». Fini prende tempo. «È vero serve cambiare passo, proprio per questo è nato Fli» e i prossimi mesi saranno la cartina tornasole per verificare se ci sono le condizioni per mantenere l'appoggio al governo dice con esplicito riferimento alla riforma della giustizia ma anche al «pacchetto Sud» e al «federalismo» che, ci tiene a far sapere, non lo preoccupa perché «il testo del decreto» non compromette la coesione nazionale visto che il fondo per il Sud durerà per 15-20 anni.

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Tags Correlati: Bondi | Corte Costituzionale | Gianfranco Fini | Giuseppe Pisanu | Governo | Lega | Massimo D'Alema | PDL | Pubblica Amministrazione | Silvio Belusconi | Treviso

 

Parole in cui risuona l'eco dell'appello lanciato da Giuseppe Pisanu in mattinata dallo stesso palcoscenico. «Siamo in un'emergenza economica e sociale così grande da richiedere la mobilitazione delle migliori energie del paese anche in politica» aveva detto il presidente della Commissione parlamentare antimafia sostenendo che questo non significa un governo senza Silvio Belusconi ma la necessità «da parte di tutti di far prevalere l'interesse generale». Il presidente della Camera conferma che Berlusconi ha non solo «il diritto» ma anche «il dovere di governare».

Ma per farlo bene bisogna anche assumersi la responsabilità e il coraggio di scelte impopolari «come sta facendo Sarkozy con la riforma delle pensioni per evitare domani alla Francia i problemi del debito pubblico». In Italia invece si preferisce scommettere sulla popolarità ma «i partiti carismatici sono ottimi strumenti per vincere le elezioni ma diventano pessimi per governare» dice Fini con chiaro riferimento al Pdl. Da cui arriva la replica di Bondi che parla di «narcisismo e presunzione». Quando scadrà il tempo della verifica Fini non lo dice. Tutti i protagonisti sono però convinti che sul Lodo e la riforma della giustizia sono passaggi strettissimi. I finiani sostengono che il Lodo a questo punto finirà in un cassetto. Ma non è così. La Corte costituzionale il 14 dicembre si pronuncerà sul legittimo impedimento se nel frattempo però un ramo del Parlamento avesse pronunciato un primo sì la Consulta potrebbe anche decidere di rinviare. Non sarebbe la prima volta.
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