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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2010 alle ore 16:45.
Il futuro del pesce è "Made in China" e si chiama tilapia. È il pronostico allarmato di Businessweek, che dedica un lungo reportage al prodotto di punta della itticoltura cinese, che è nella lista nera degli ambientalisti, ma invade i supermercati di mezzo mondo. «Cresce in fretta e costa poco»: la tilapia ha le caratteristiche di un prodotto di massa e l'acquacoltura cinese è rapidamente arrivata a dominarne la produzione. Gli americani ne comprano in quantità sempre maggiori, nonostante gli avvertimenti lanciati da gruppi di tutela della salute dei consumatori come il Seafood Watch del Monterey Bay Aquarium, che ha inserito la tilapia allevata in Cina tra gli alimenti da evitare.
Negli Stati Uniti il consumo di tilapia continua a crescere: nel 2009 ne hanno importati 404 milioni di libbre (più di 183 milioni di kg), rispetto ai 298 milioni del 2005 (135 milioni di kg). La catena Wal.Mart importa 200 container al mese, anche se non dice quanti provengono dalla Cina.
«Il crescente appetito americano ha portato a un boom dell'acquacoltura cinese», spiega Businessweek. Con centinaia di allevamenti ittici e impianti di trasformazione «la Cina è la superpotenza della tilapia». Non è che le sue carni siano particolarmente gustose, anzi proprio perché sono abbastanza insapori soddisfano il palato di «un'ampia fetta di popolazione che non ama il pesce che sa troppo di pesce», per dirla con lo chef Rick Moonen, che ha adottato la tilapia (ma non cinese) in molte delle sue ricette. La tilapia non contiene neppure grassi omega 3, che è una delle principali virtù del pesce di mare. Ma per il suo basso costo, la Cina si è lanciata nel settore.
Sarà anche il pesce del futuro, ma - osserva Businessweek - viste le esperienze con i prodotti "Made in China" (latte alla melamina, giocattoli col piombo, dentifrici con sostanze chimiche tossiche) molti americani non vedono di buon occhio questa prospettiva. Un recente rapporto del servizio di ricerca del dipartimento statunitense all'Agricoltura ha messo in discussione gli standard cinesi di sicurezza per il pesce e i frutti di mare d'allevamento: «I pesci sono spesso allevati in acque dove si nutrono sugli scarti di pollame e bestiame». Gli ecologisti si preoccupano dell'impatto ambientale degli allevamenti ittici cinesi e della natura invasiva della specie negli Stati Uniti.