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Ue contro Berlino sul Patto

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 ottobre 2010 alle ore 06:38.

BRUXELLES - Doveva, almeno negli auspici degli ottimisti, limitarsi a dare la sua benedizione all'accordo sulla riforma del patto di stabilità sbozzato dieci giorni fa dai ministri Finanziari a Lussemburgo e sgombrare così il campo ai negoziati tecnici per la sua concreta attuazione.

Invece il vertice dei 27 capi di Governo dell'Unione, che si apre domani a Bruxelles, presente Jean-Claude Trichet, il presidente della Bce, rischia di trasformarsi in un inconcludente "mucchio selvaggio": tutti contro tutti, meglio contro la Germania di Angela Merkel e la Francia di Nicolas Sarkozy che l'appoggia nell'ostinata pretesa di riaprire il Trattato di Lisbona per inserirvi due emendamenti: uno per creare un meccanismo permanente di risoluzione delle crisi dell'area euro e uno per poter sospendere i diritti di voto di paesi membri gravemente recidivi nella violazione delle regole del patto.

«Non sarà un nuovo negoziato dell'orrore ma una modifica molto limitata e digeribile alla luce dei cambiamenti del Trattato già previsti per l'ingresso della Croazia nella Ue» ha tentato di minimizzare ieri da Berlino uno dei portavoce del Governo. «Sarebbe di gran lunga preferibile procedere senza cambiare i Trattati, per questo stiamo esplorando opzioni giuridiche alternative pur senza escludere la revisione dei Trattati» gli ha risposto ieri il commissario Ue competente Olli Rehn. Pronunciando un fermo no alla proposta di sospendere i diritti di voto: «L'idea non mi sembra in linea con quella di un'Unione sempre più coesa contenuta nei Trattati».

L'atmosfera si annuncia elettrica. «Per noi si tratta di un pacchetto: senza il via libera alla modifica dei Trattati, la Germania non approverà il rapporto Van Rompuy sulla riforma del patto» puntualizza Berlino. La grande maggioranza degli Stati Membri per una volta concorda con la Commissione Ue: e non solo perché ricorda ancora come un incubo gli 8 anni di negoziati e le ratifiche mancate a un Trattato entrato in vigore soltanto nel dicembre scorso ma anche perché digerisce sempre peggio il direttorio franco-tedesco, meglio l'egemonia tedesca che gli si mimetizza dentro. Senza contare che la prospettiva della sospensione dei diritto di voto appare ai più del tutto inaccettabile in un'Unione che da anni si vuole rigorosamente formata da Stati nazionali sovrani.

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Tags Correlati: Angela Merkel | Bce | Berlino | Bruxelles | Eniko Gyori | Jean-Claude Trichet | Nicolas Sarkozy | Olli Rehn | Politica | Stati Membri | Unione Europea | Van Rompuy

 

Siccome il meccanismo anti-crisi è essenziale per la stabilizzazione dell'euro, su questo tutti sono d'accordo, e siccome la Germania per crearlo vuole riformare il Trattato, difficilmente alla fine si potrà evitare di convocare una nuova conferenza intergovernativa per farlo. «Tutti i Governi però hanno bisogno prima di tutto di chiarirsi tra loro, poi di più tempo per esaminare a fondo le implicazioni della proposta franco-tedesca» dice Eniko Gyori, ministro ungherese per gli Affari europei. Per questo molto probabilmente la montagna del vertice questa volta partorirà un topolino: cioè un mandato, alla Commissione o al presidente del Consiglio Van Rompuy, per studiare a fondo tutta la questione in modo da prendere la decisione finale al vertice europeo di dicembre.

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