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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2010 alle ore 06:39.
Serviranno ancora due o tre mesi per arrivare alla chiusura delle indagini sulla strage di via D'Amelio in cui morirono il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della scorta. Una indagine riaperta grazie al contributo del pentito Gaspare Spatuzza, l'ex killer di Brancaccio a Palermo, che ormai da tempo collabora con diverse procure del paese. Una indagine, quella sulla strage di via D'Amelio del 19 luglio 1992, in cui non sono mancati colpi di scena e in cui sono finiti indagati uomini dello stato accusati di aver confezionato una verità purchessia: sono gli uomini della squadra di Arnaldo La Barbera oggi al vertice delle questure del paese. Ma ci sono anche agenti del servizio segreto civile, come Lorenzo Narracci che, secondo Spatuzza, assomiglierebbe all'uomo che era presente nel garage in cui fu confezionata l'autobomba (la famosa 126 rossa). E se anche l'avvocato di Narracci ha precisato che non c'è stato alcun riconoscimento e che anzi Spatuzza è stato molto impreciso, resta quella presenza oscura, di un uomo esterno a Cosa nostra mentre si preparava l'eccidio. E certo è davvero una curiosa coincidenza che Massimo Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo don Vito, ricordi di aver visto Narracci a casa sua, da suo padre. Ciancimino, indagato a Palermo proprio per i fatti che lui stesso ha raccontato a proposito del papello (le richieste che avrebbe fatto Cosa nostra allo Stato per far cessare le stragi) e della trattativa, ha parlato anche di pressioni ed è indagato insieme al generale Mario Mori, già capo del Ros e del Sisde il quale pur avendo negato qualsiasi trattativa ha ammesso di aver avuto colloqui con Ciancimino. Quest'ultima iscrizione nel registro degli indagati (con l'accusa di concorso esterno in associazione mafiosa) appartiene a un nuovo altro filone di indagine: questa volta sulla trattativa Stato-mafia e non su fatti connessi. Ma è altro cui bisogna dare ancora risposta: il contorno di barbe finte, il via vai di personaggi che si qualificano come appartenenti ai servizi segreti, la presenza di boss notoriamente legati ai servizi come Gaetano Scotto, uomo d'onore dell'Acquasante, che avrebbe avuto un ruolo, tra le altre cose, anche nel fallito attentato dell'Addaura a Giovanni Falcone e nella strage di via D'Amelio. E poi il ruolo del signor Franco, l'uomo dalla faccia brutta e butterata, di cui parla anche Massimo Ciancimino. Uomini dello Stato o di apparati dello stato. Totò Riina, detto u curtu, nel luglio del 2009, dopo aver letto sul Sole 24 Ore un articolo in cui, a proposito del signor Franco e del via vai di agenti dei servizi in quel disgraziato 1992 con un richiamo preciso all'attività dell'Anello (di cui ha parlato la giornalista Stefania Limiti in un libro) sbottò, secondo la cronaca dei giornali e dello stesso avvocato di Riina, Luca Cianferoni: «Sono stati loro. Avvocato, io con questa storia non c'entro nulla. Io trattativa non ne ho fatto con nessuno, ma qualcuno ha trattato su di me. La mia cattura è stata conseguenza di una trattativa».