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Questo articolo è stato pubblicato il 29 ottobre 2010 alle ore 16:02.
Corrono, spingono, fanno la lotta, si passano (o si strappano) la palla e, appena possono, si tuffano nell'erba. Meta.
Il minirugby - giocato tra i 6 e i 12 anni, con squadre miste di bambini e bambine e regole semplificate, senza calci e senza porte - riassume una serie di gesti e comportamenti che, a quell'età, vengono spesso naturali. Con l'aggiunta della disciplina, dello spirito di squadra, della voglia di misurarsi. Prendendosi le proprie responsabilità, aiutando i compagni e mettendoci anche un po' di coraggio.
Ultimamente, in Italia, il numero dei piccoli praticanti è aumentato parecchio. Al loro entusiasmo si aggiunge quello dei genitori, che scoprono una disciplina "tosta" ma senza esasperazioni, dove la lealtà viene al primo posto.
Se lo sport è scuola di vita, allora è giusto che ci sia anche la sezione del rugby. Negli oratori sarà così: grazie all'accordo Csi-Fir una palla ovale andrà ad affiancarsi a quelle rotonde di calcio, basket, pallavolo. Una bella conquista, un nuovo, importante canale per far conoscere questo sport e i suoi valori. Certo, l'esperienza andrà indirizzata e accompagnata. Un movimento non cresce solo aumentando gli atleti, ma incrementando di pari passo il numero di dirigenti e tecnici.
Facile immaginare che agli istruttori del minirugby si chiederanno sforzi supplementari per dare una mano anche su questo fronte. Ma si può sperare in uno sviluppo "virtuoso", con l'oratorio che - trascorso un primo periodo - trova al suo interno gli educatori capaci di familiarizzare con la disciplina e proseguire il lavoro in autonomia. In fondo, anche don Camillo sarebbe potuto diventare un gran bell'allenatore.