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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2010 alle ore 14:17.
CAPRI - A Gela e a Taranto: 10 per cento. A Sannazzaro de' Burgundi, provincia di Pavia: 5 per cento. Stabilimento in Baviera: 2 per cento. In Repubblica ceca: 2 per cento. Paolo Scaroni, amministratore delegato dell'Eni, cita a memoria i tassi di assenteismo negli impianti di raffinazione. E ricorda come, di fronte a questo fenomeno deleterio, un investitore straniero possa rinunciare a venire in Italia.
Ieri, ancora una volta, la competitività delle nostre imprese e la capacità di attrazione del nostro paesaggio industriale hanno costituito la filigrana dei discorsi di Capri. E, ancora una volta, la descrizione delle tare ha fatto il paio con la parte costruttiva, in quell'inevitabile mix di realistico pessimismo e di ottimismo che caratterizza il profilo standard di chi fa l'imprenditore in Italia. Il quale, però, deve fare ogni giorno i conti con una coriacea cultura anti-industriale.
«Pensate a Porto Marghera – ricorda Scaroni – era un polo chimico straordinario». A forza di dibattiti non privi di ideologicismi, se ne sono andati tutti: Royal, Bp, Shell, Chemical. «E gli operai, i tecnici e gli ingegneri? A fare i gondolieri e i baristi? Negli altri paesi le discussioni pubbliche sulla chimica hanno riguardato le tecnologie e la sicurezza. Da noi è stato tutto più complicato e distruttivo», dice Scaroni.
I blocchi culturali aumentano i loro impatti, quando si intrecciano a quelli amministrativi. «Una multinazionale come la Ineos – racconta Giorgio Squinzi, titolare della Mapei e presidente di Federchimica – ha impiegato otto anni a ottenere l'autorizzazione per un investimento. Alla conclusione dell'iter, aveva già deciso di dismettere». Questo diventa ancora più complicato quando si fanno i confronti: «Da noi, per la valutazione di impatto ambientale servono tre anni. In Canton Ticino bastano 60 giorni», specifica Squinzi.
Quel Canton Ticino dove diversi imprenditori italiani si sono già trasferiti. Anche se, nel gioco impietoso del confronto fra sistemi economici, qualcosa dalla nostra parte c'è: «Per esempio, il denaro in Italia costa meno che altrove», dice Squinzi fornendo così un assist a Roberto Nicastro di Unicredit. Il quale ha ricordato come oggi le banche siano impegnate a evolvere i loro servizi, per esempio accompagnando le imprese italiane nei processi di internazionalizzazione. Processi che sono passaggi complessi: essenziali per la vita dell'azienda, ma qualche volta deprimenti per l'imprenditore, che vede quanto le politiche di attrazione degli investimenti, all'estero, possano essere cose serie.