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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2010 alle ore 06:37.
Poco meno di un mese per studiare, incontrare i principali interlocutori dell'industria e del sindacato, rendersi conto che il «cahier de doléances», la lista delle incombenze, è lunghissima. Paolo Romani, ministro dello Sviluppo economico dallo scorso 4 ottobre, debutta al convegno dei giovani imprenditori di Confindustria con una ricognizione generale dei temi aperti senza poter annunciare ancora veri passi avanti. C'è di sicuro però la mano tesa a Confindustria per aprire un dialogo: «Da persona pratica quale sono – dice rivolto alla platea – credo che nei prossimi mesi faremo grossi passi avanti».
«Stiamo reagendo alla crisi e ormai vediamo la luce alla fine del tunnel», spiega il neoministro, anche se la struttura del nostro sistema, composto per il 99% da piccole medie e microimprese, fa sì che «si resiste meglio ma poi si ha meno forza per la ripresa».
Per le grandi riforme per lo sviluppo non sembrano esserci ancora grandi spazi di manovra e anche sul prossimo decreto di fine anno Romani non si sbilancia, né su risorse né su singole misure. Però il ministro tende a tranquillizzare la platea sul lungo elenco di richieste piovute nell'ultimo periodo dell'era Scajola, durante l'interim di Berlusconi e nel primo mese del nuovo corso. Il fondo di garanzia per il credito alle pmi, assicura, continuerà a funzionare con finanziamenti adeguati; per le medie e grandi si continuerà a lavorare sui tavoli di crisi; si sta mettendo a punto il meccanismo che dovrà consentire finalmente il decollo dei contratti di rete.
Il convegno di Capri ha ospitato l'immancabile appello degli imprenditori alla semplificazione, alla lotta alle infinite complicazioni burocratiche del fare impresa. Su questo argomento, il ministro ricorda il recente regolamento sullo sportello unico che «da marzo 2011 dovrebbe funzionare meglio, in via totalmente telematica». Mentre sugli obblighi di semplificazione indicati nello small business act, la scelta del ministero sarà quella di impiegare il veicolo parlamentare già esistente (lo statuto delle imprese in discussione alla Camera) per introdurre la legge annuale sulle pmi.