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Brasile al voto. Dilma Rousseff a un passo dal traguardo

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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2010 alle ore 06:38.

SAN PAOLO - «Voto Lula». La candidata presidenziale in Brasile è una donna rotondetta e con i capelli corti, ma è come se fosse un uomo piccoletto e barbuto. Sì perché si dice Dilma e si pensa a Lula, a una sua propaggine, al suo alter ego femminile. Chi vota Dilma Rousseff è come se votasse il predecessore che l'ha incoronata, il padre di un movimento, il "lulismo", che non finisce con l'uscita di scena dell'ex metalmeccanico diventato presidente. Dilma Rousseff, 63 anni, una vita nel Pt (Partito dei lavoratori), probabile vincitrice alle presidenziali di oggi è un'invenzione di Lula, l'ex presidente che esce di scena dopo due mandati e otto anni di governo con l'82% dei consensi.

L'avversario, José Serra, 68 anni, socialdemocratico, ex governatore di San Paolo, è rimasto oscurato da Lula che due giorni fa a Recife, nel nord del paese, ha saputo radunare 100mila persone accorse per la despedida, il saluto di commiato con cui ha ribadito il suo appoggio a Rousseff. Dilma eredita un paese trasformato: il Brasile, gigante di 200milioni di abitanti, cresce a ritmi cinesi e si è ritagliato un prestigio internazionale a livello mondiale. I sondaggi delle ultime ore le danno almeno 12 punti di vantaggio su Serra. Se le urne confermeranno, il Brasile consacrerà, per la prima volta, una donna presidente.

Ma chi è Dilma? È una signora di ferro che non è giovane né bella né comunicativa. Una donna austera che per tutta la vita ha contrastato i paradigmi culturali di un paese dove il look è prioritoria, la chirurgia estetica un imperativo: glutei modellati, seni rifatti, visi ritoccati. Alla fine, ironia della sorte, ha dovuto accettare le leggi della comunicazione politica, soprattutto televisiva, e ha fatto ricorso al chirurgo. «Iniezioni sottocutanee, niente bisturi», ha minimizzato il suo medico personale all'inizio della campagna elettorale.

L'ultimo incarico politico di prestigio è stata la guida della Casa Civil, una sorta di sottosegreteria alla presidenza. Figlia di un immigrato bulgaro, militante di lungo corso del Pt, ex guerrigliera, torturata negli anni della dittatura militare, una vita dedicata alla politica, una figlia e due divorzi. L'anno cruciale è il 2006, Lula la chiama dopo lo scandalo amministrativo che costringe il suo braccio destro José Dirceu a lasciare l'incarico per un'inchiesta sulla compravendita di voti. Il Pt vive un momento di profonda crisi ma ritrova coesione con la nomina di Dilma, l'incorruttibile Dilma, che saprà imprimere un nuovo corso al complesso apparato amministrativo nazionale e provinciale. Il partito di Lula ritrova un equilibrio grazie a lei. Pericolo scampato.

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Tags Correlati: Brasile | Cristina Fernandez | Elezioni | Fernando Lugo | Fmi | Hillary Clinton | Hugo Chavez | José Dirceu | José Serra | Lula | Margaret Thatcher | Pt | Verde

 

Intransigente e integerrima è l'erede politico di Lula, "in linea diretta". L'elezione di Lula destò molte perplessità nella comunità finanziaria e in quella imprenditoriale. Ebbene, è riuscito a dissiparle con la sua straordinaria capacità di mediazione. Una difficile quadratura del cerchio che ha garantito stabilità macrofinanziaria e ha condotto 30milioni di brasiliani fuori dalla povertà. Ha realizzato il sogno coltivato da cent'anni: del Brasile si diceva «è il paese del futuro». «Ora lo ha raggiunto questo futuro, è nel futuro», così scrive un documento del Fondo monetario internazionale. Dilma saprà caricarsi sulle spalle un fardello così impegnativo?

Lula ha convinto le agenzie di rating, ha conquistato la fiducia della finanza e al tempo stesso si è trasformato nell'icona delle due anime della sinistra latinoamericana, quella moderata e quella radicale. Dai socialisti di Michelle Bachelet ai socialisti rivoluzionari di Hugo Chavez, dai peronisti progressisti di Nestor Kirchner e poi della moglie Cristina Fernandez ai cocaleros di Evo Morales. Dai seguaci paraguayani del presidente vescovo Fernando Lugo, ai liberalsocialisti uruguayani, fino ai comunisti cubani. Apprezzato da tutti. Un grande mediatore cresciuto nel sindacato dei metalmeccanici.

Dilma invece è poco flessibile. Tempo fa aveva dichiarato di «specchiarsi nelle figure di Hillary Clinton e di Margaret Thatcher e di apprezzare la loro fermezza». Poi ancora: «La pace e l'amore sono valori importanti, ma ci sono momenti in cui deve prevalere l'interesse della collettività». Il riferimento era alle polemiche, innestate dal partito Verde, sull'accordo militare tra Brasile e Francia e all'acquisto di caccia, sottomarini ed elicotteri. Dilma ha spiegato che ora il paese è una potenza politica e militare, ha bisogno di controllare 15mila chilometri di frontiera terrestre e 8mila di frontiera marittima.

Alla vigilia di una vittoria così importante, c'è chi giura che Dilma stia imparando anche a mediare. Un segnale arriva proprio dal dibattito pre-elettorale sull'aborto, che in Brasile è illegale. Dilma vorrebbe liberalizzarlo, l'avversario Serra no. Tre giorni fa, con il sostegno esplicito del Papa, i vescovi brasiliani hanno richiamato i fedeli a fare valere nell'urna il proprio credo religioso. Dilma si è fatta fotografare in chiesa.

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