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Vietti: manca il clima per le riforme

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Questo articolo è stato pubblicato il 31 ottobre 2010 alle ore 06:39.


NAPOLI. Dal nostro inviato
Giudici macigno sulla democrazia? Semmai «risorsa per il paese», replicano al premier le "toghe rosse" e l'Anm. Di più, dice il numero due del Csm Michele Vietti: i magistrati «incarnano il volto dello stato di diritto». E aggiunge: «L'evidenza dei nostri giorni spiega quanto sia importante la conservazione di questo valore» perché la funzione giurisdizionale «è la garanzia vera della coesione. Non vi sono succedanei». Perciò alla giustizia si deve «rispetto», e prima di cambiarne l'attuale assetto costituzionale bisogna pensarci due volte, come fecero i costituenti. Le riforme, ricorda Vietti, devono essere «organiche e di ampio respiro, non condizionate dalle contingenze» e sorrette da un «ampio consenso». Tanto più quando si propone di separare le carriere di giudici e pm e di creare due Csm distinti: una proposta «ancora allo stato gassoso» ma impensabile nell'attuale clima politico, che non consente «una riflessione serena ed equilibrata su snodi istituzionali così delicati e centrali».
Accade a Napoli, dove a Castel dell'Ovo è in corso da venerdì, e fino a domani, il XVIII Congresso nazionale di Magistratura democratica, la corrente di sinistra dell'Anm. Le parole di Vietti sono musica per le orecchie delle "toghe rosse", che lo applaudono con convinzione, ribadendo che «parlare oggi, in questo paese, di separazione delle carriere, significa parlare del controllo politico sul pm» (Claudio Castelli), rischio più volte segnalato in passato da Md, che nella Costituzione e nella difesa dei valori costituzionali affonda le sue radici e che quei valori oggi rilancia per la loro «forza innovatrice». Ma oggi Md è attraversata da una crisi di partecipazione, di iscrizioni, di voti, e anche politica. La sua voce sembra meno forte. «Efficienza e diritti non sono in contrapposizione», dice Luigi Marini, giudice di Cassazione, cercando una sintesi. «Serve ascolto e dialogo», ammonisce Ezia Maccora, ex componente del Csm, per «portare le persone alle idee e non le idee alle persone». E Luca Poniz, pm a Milano, cita Proust: «Un viaggio può essere bellissimo non solo quando si cercano nuovi orizzonti, ma anche quando si sa guardare agli stessi con occhi diversi».

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Tags Correlati: Anm | CGIL | Claudio Castelli | Corte Costituzionale | Corte di Cassazione | Csm | Ernesto Lupo | Ezia Maccora | Idv | Luca Poniz | Luigi Li Gotti | Luigi Marini | Milano | Rita Sanlorenzo

 

L'analisi dei problemi interni e l'attualità politica si alternano negli interventi e nei discorsi dei partecipanti. In platea - meno affollata del solito - ci sono nomi noti come il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e il procuratore aggiunto di Roma Nello Rossi; magistrati del calibro del primo presidente della Cassazione Ernesto Lupo; politici come Luigi Li Gotti (Idv) e Andrea Orlando (Pd); la vicesegretaria della Cgil Susanna Camusso; l'ex presidente della Consulta Piero Capotosti; il cosituzionalista Luigi Ferrajoli. Nella relazione di apertura, Rita Sanlorenzo, segretario uscente di Md, punta il dito contro il presidente del Consiglio per il «suo attacco alle istituzioni repubblicane, in particolare quelle di garanzia: presidente della Repubblica, Corte costituzionale, magistratura», con l'obiettivo di assicurare «l'impunità ai poteri forti», ma non risparmia stoccate alla sinistra «perdente e divisa». Il presidente dell'Anm Luca Palamara rivendica la «netta posizione» assunta sulla «questione morale», esplosa con il coinvolgimento di alcune toghe nella vicenda «P3», l'«autoriforma» avviata nella magistratura e il ruolo di interlocutore politico critico sui provvedimenti più devastanti, come le intercettazioni e il processo breve, e propositivo sulle vere riforme per l'efficienza. «Spesso sento parlare dei tempi lunghi della giustizia, ma poi si interviene su quella penale», osserva Lupo, definendo «fraudolento» questo modo di procedere, e la Camusso ricorda che «i 60 miliardi di corruzione e i 125 di evasione rappresentano uno straordinario problema di legalità che incide sulla crescita del paese».
Il Rubygate resta dietro le quinte. Bruti Liberati sfugge a qualunque domanda. Rossi si chiede, invece, «dov'è il buon cuore di cui ci si vanta» quando uno stato consente «tanti piccoli orrori quotidiani», come «il sequestro di 3 euro e 15 centesimi a una mendicante, per una fantasiosa accusa di abuso della credulità popolare, perché tremava nel chiedere l'elemosina e, quindi, ingannava i passanti». Rossi è certo che quel sequestro non sarà mai convalidato da un magistrato - non certo da uno di Md - ma si chiede se quella donna sarà mai cercata o salvata da una telefonata. O se, un domani, «ti ordineranno di disporre quel sequestro, perché sarai diventato un avvocato della polizia».
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