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Bersani: il premier porta il paese al caos, ora governo tecnico. Video messaggio di Vendola

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2010 alle ore 07:27.

Il primo a battere un colpo dalle parti dell'opposizione è il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, che scomoda l'Antico Testamento per attaccare il premier. «Il paese è all'ingovernabilità - attacca in conferenza stampa - perché Berlusconi nasce nel discredito della politica e intende morire nel discredito della politica. E morirà come Sansone con tutti i filistei. Giorno dopo giorno questo centrodestra, Berlusconi in testa, porta il paese nel caos».

Poi, a dargli man forte, giunge anche il leader di Sinistra, Ecologia e libertà, Nichi Vendola, che sceglie invece il suo sito, mandandolo in tilt a causa del boom di accessi, per rispondere all'ultima battuta del Cavaliere («meglio guardare le belle ragazze che essere gay»). «Caro presidente - esordisce il governatore della Puglia -, il tempo delle barzellette è finito. Non perché noi di sinistra non sappiamo ridere, ma perché il tuo umorismo, il tuo avanspettacolo permanente, il tuo teatro della virilità, mettono tristezza, sembrano i titoli di coda di un film finito male, vengono percepiti come comportamenti smodati e patetici». Insomma, dall'opposizione parte un nuovo fuoco di fila all'indirizzo di Berlusconi cui si rivolge anche l'Udc. «Prenda atto che la crisi di governo c'è nei fatti - ammonisce il segretario Lorenzo Cesa - e si dimetta».

La vicenda Ruby ricompatta quindi il centro-sinistra. E i democratici continuano il pressing su Gianfranco Fini nel tentativo di assestare il colpo mortale all'esecutivo. «Questo centrodestra ha portato il paese nella palude, loro devono dare conto del loro colpo di Stato, perché hanno tradito il paese e portato alla deriva sociale, economica e morale», ammette il segretario. Che lancia un appello ai finiani, ma anche a Lega e Pdl. «Se qualcuno è responsabile ci dica qualcosa, noi siamo pronti a discutere».

La strada da percorrere resta quella già indicata: un governo tecnico che riformi la legge elettorale e affronti due questioni urgenti. «Almeno uno stralcio della riforma fiscale - scandisce Bersani - e l'occupazione dei giovani. Poi si va a votare, nessuno vuole ribaltoni». Perché, ci tiene a chiarire il segretario, i democratici non hanno alcun timore delle elezioni anticipate. «Più paura di andare avanti così io non ne ho», insiste Bersani. Che risponde per le rime alla Lega, la quale, con Roberto Calderoli, agita lo spettro del golpe alludendo al governo tecnico. «Chi sostiene queste opinioni corrive, vuol dire che è fuori dalla Costituzione, che l'ha stracciata. E in nome di che? In nome del fatto che abbiamo messo un nome sulla scheda. Ma noi abbiamo giurato sulla Costituzione e se Calderoli la straccia allora può dire queste cose».

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Tags Correlati: Berlusconi | Comitato Esecutivo | Gianfranco Fini | Lega | Lorenzo Cesa | Matteo Renzi | Nichi Vendola | Pd | PDL | Perugia | Pierluigi Bersani | Roberto Calderoli | Senato | Udc

 

Il segretario suona poi la carica ai suoi. «Il Pd - dice - si mette a disposizione per una ragionevole riscossa». Tradotto: serve una strategia efficace per mandare a casa il Cavaliere e un no netto a un nuova riedizione di un governo di centrodestra, magari a guida leghista («non faremo da stampella», è il mantra di Bersani). Per il momento, però, i democratici hanno messo in stand-by la mozione di sfiducia a Berlusconi e aspettano di sentire cosa dirà il ministro Maroni al Senato martedì prossimo. «Daremo un primo giudizio e poi vedremo gli atti successivi», chiarisce il segretario.

L'idea di agganciare Fli su una eventuale mozione non è stata completamente accantonata. Ma si attende Perugia sperando di approfittare di nuovi strappi che dovessero arrivare dalla convention dei finiani. E oggi Bersani proverà invece a ridimensionare una mina interna incontrando il sindaco di Firenze Matteo Renzi alla vigilia della tre giorni dei cosiddetti "rottamatori". Un confronto che servirà a entrambi per chiarirsi. Ed evitare così, ragionano nell'entourage del segretario, «di mostrare un Pd diviso nel momento di maggiore difficoltà del premier».

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