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Il divario cittadini-politica penalizza le forze maggiori

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2010 alle ore 07:27.

Il 2010 ha visto conclamarsi anche in Italia la percezione dell'impatto della crisi: l'ottimismo che aveva caratterizzato il clima sociale nel 2009 si riduce, la fiducia nella capacità di farcela si contrae, crescono la percezione di un peggioramento della qualità della vita e la prefigurazione della lunga durata della crisi. È un trend confermato anche dall'andamento dell'indice di fiducia Isae.

Gli italiani esprimono una forte preoccupazione per il tema dell'occupazione e della tenuta economica del paese. Il lavoro, la competitività delle imprese, lo sviluppo sono citati da oltre l'80 per cento. Più in generale emerge una forte richiesta di protezione sociale: il sistema del welfare nazionale e locale è al secondo posto delle preoccupazione dei cittadini. Gli altri temi, compreso quello della sicurezza, sono più sfumati. Al terzo posto troviamo la preoccupazione per l'attuale situazione politica, percepita come instabile.

La politica non riesce a rispondere a questo disagio diffuso: i nostri indicatori evidenziano una drammatica crescita della propensione all'astensione e all'incertezza che oramai, sommate, coinvolgono oltre il 40% degli elettori (quasi raddoppiata a fronte di un dato storico che si aggirava, sino agli inizi del 2010, intorno al 20/25% dei cittadini adulti). E accanto a questo, dalla seconda metà di settembre è cresciuta sensibilmente la percentuale di coloro che non hanno fiducia né nel centrosinistra né nel centrodestra.
D'altra parte nel corso del 2010 abbiamo osservato un divario crescente tra l'agenda delle priorità dei cittadini e l'agenda politica e mediatica (incentrata su temi quali il lodo Alfano, le intercettazioni, la "cricca", la casa di Montecarlo, per finire con le vicende di Ruby) generando nell'opinione pubblica un senso di abbandono e di distacco.

Lo scenario politico attuale
In particolare risultano penalizzati i due grandi partiti, Pd e Pdl: se alle elezioni politiche del 2008 i due principali partiti rappresentavano il 70,6% dei voti validi, secondo il sondaggio odierno rappresenterebbero poco più della metà degli orientamenti di voto (53,5%). Pertanto osserviamo, soprattutto nel centrosinistra, la crescita delle formazioni più radicali o lontane dalla politica tradizionale (Sel, Di Pietro, Grillo).

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Nell'area ex centrodestra cresce naturalmente la propensione al voto per Fli, che ha però caratteristiche piuttosto trasversali: ben il 31% del suo elettorato proviene dal centrosinistra e il 25% da liste non di centrodestra oltre che dall'area dell'astensione.
Infine va sottolineato il rilievo (per ora tutto potenziale) del possibile consenso al "grande centro" che potrebbe arrivare a percentuali rilevanti. Le proiezioni sui seggi confermano una situazione incerta: nel caso di voto con l'attuale legge elettorale alla Camera ci sarebbe naturalmente una solida maggioranza Pdl/Lega, grazie al premio di maggioranza su scala nazionale. Ma al Senato la situazione si rivela assai meno certa, con alcune regioni del sud in bilico (in particolare la Campania). Se poi si votasse con una legge elettorale proporzionale con soglia di sbarramento (alla tedesca), è probabile che le forze di centro rappresentino l'ago della bilancia.

Gli astensionisti e indecisi
È forse questo il dato più interessante. Mentre nel passato chi si asteneva o si dichiarava indeciso apparteneva alle cosiddette "fasce deboli" della popolazione (donne, soprattutto anziane, livelli di scolarità medio-bassa), oggi gli incerti ed astensionisti appartengono sempre più anche a ceti dinamici, professionalizzati, scolarizzati, metropolitani che solo poco tempo erano tra i più orientati a partecipare al gioco politico. Forse questa parte di elettorato non ha rinunciato definitivamente a giocare ma aspetta un'alternativa o una proposta praticabile.

Nando Pagnoncelli è presidente Ipsos

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