Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2010 alle ore 06:36.
NEW YORK. Dal nostro corrispondente
Oggi l'America si reca alle urne per le elezioni di metà mandato. È un'America volatile, preoccupata da tassi di disoccupazione ostinati, da disavanzi pubblici mai visti, da una crisi immobiliare che sembra perpetua, da una riforma sanitaria di cui non si conosce ancora l'impatto.
In questo voto l'America ansiosa esprimerà un referendum sul presidente Barack Obama con un esito annunciato da sondaggi che si muovono tutti in una direzione: quella del pollice verso. Il 45% degli elettori ha confermato in un sondaggio di ieri del WSJ/NBC di voler esprimere un voto di protesta contro Obama. Brutta storia. La manifestazione dei comici di sabato alla fine non ha funzionato: non poteva colpire l'immaginazione degli incerti una manifestazione anti Tea Party la cui leadership era affidata non a un movimento o a un leader politico, ma a due comici come Stephen Colbert e Jon Stewart.
Le notizie negative sulla mobilitazione giungono anche dal voto afroamericano. Alla Casa Bianca si cercava un rigurgito di orgoglio fra i neri, di solidarità con il loro presidente, stretto nell'angoolo da una delle più sfavorevoli congiunture politiche ed economiche della storia. I predicatori battisi hanno risposto. Raphael Warnock, dal pulpito della chiesa battista di Atlanta che fu di Martin Luther King e George McRae, in una chiesa battista di Miami hanno fatto un appello al voto. «Migliaia di nostri fratelli e sorelle sono morti per fare sì che noi potessimo andare a votare per il nostro candidato. Grazie, signore» ha detto McRae implorando di votare per Kendrick Meek che corre in Florida per diventare il primo senatore nero dello stato. Ma il voto di colore in questo 2010 sembra disilluso e passivo, come lo era in passato.
Oggi si vota per rinnovare l'intera Camera, un terzo del Senato e 39 governatori su 50. Le notizie della vigilia davano un quadro ancora più negativo alla Camera per i democratici di quello della settimana scorsa. I seggi certi per i repubblicani restano fermi a 224. Quelli democratici sono precipitati a quota 167 con 44 seggi incerti. Al Senato siamo a quota 48 democratici contro 45 repubblicani, ma ci sono otto seggi incerti. Da un sondaggio di Gallup emerge a livello nazionale un 55% a favore dei repubblicani e un 40% a favore dei democratici, risultato considerato «senza precedenti per una vigilia elettorale di questo genere». E dunque un doppio sorpasso, anche se improbabile, all'alba di questa mattina era ancora possibile.
Le nuove regole di Wall Street
deludono i più arrabbiati
pLa riforma finanziaria, per scongiurare nuove catastrofi a Wall Street, è stato un cavallo di battaglia dei democratici. Non ha però spento la rabbia dell'elettorato contro gli aiuti alle grandi banche e le retribuzioni dorate di banchieri e trader. Anche il Tarp, il fondo pubblico da 700 miliardi di dollari che ha ricapitalizzato gruppi quali Bank of America e Goldman Sachs, resta controverso: potrebbe chiudere in attivo, grazie ai soldi restituiti con gli interessi dalle società, ma è stato ribattezzato come il più impopolare programma federale di successo. La riforma, 2.300 pagine di nuove regole, limita l'aggressività di Wall Street (la Volcker rule vieta alle banche il trading per conto proprio e investimenti in hedge fund e private equity superiori al 3% del capitale Tier 1). Prevede inoltre controlli sui rischi sistemici e rafforza la protezione dei consumatori, con un ufficio apposito. L'entrata in vigore avverrà però nell'arco di anni e dopo le elezioni sarà nuovamente battaglia: molte norme devono essere interpretate dalle authority