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Il dilemma di Obama: sterzare o no al centro

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2010 alle ore 06:35.


NEW YORK. Dal nostro inviato
Cambiare strategia, guardare al centro, trovare un'intesa con i repubblicani. Analisti e commentatori consigliano a Barack Obama di superare la batosta di midterm esattamente come fece nel 1994 Bill Clinton, il suo predecessore democratico alla Casa Bianca. Ma il presidente americano potrebbe anche scegliere un'altra strada, meno scontata, più rischiosa, con un precedente storico altrettanto autorevole: il "give 'em hell", il far vedere i sorci verdi ai repubblicani di Harry Truman nel 1946.
La soluzione pragmatica alla Clinton resta la scelta più probabile, ma la traiettoria politica di Obama, la sua storia personale e alcune dichiarazioni («preferirei essere un bravo presidente di un solo mandato piuttosto che uno mediocre per due mandati») lasciano però aperta la strada di un confronto ancora più serrato con i conservatori. Obama è un politico pragmatico, come spiega la brillante biografia intellettuale del presidente (Reading Obama: Dreams, Hopes, and the American Political Tradition) appena pubblicata dallo storico di Harvard James T. Kloppenberg. Ma il nuovo Obama post midterm potrebbe non essere diverso da quello vecchio: il presidente potrebbe abbandonare del tutto ogni velleità bipartisan, non muoversi di un millimetro dalle sue posizioni liberal e serrare le file dei fedelissimi - afroamericani, ispanici, studenti, intellettuali - per provare a ottenere nel 2012 la rielezione da perfetto leader progressista.
Clinton fece l'opposto. Al giro di boa dei primi due anni, perse 54 seggi alla Camera e 8 al Senato e dovette vedersela con un'agguerrita maggioranza conservatrice guidata da Newt Gingrich. Clinton impiegò alcuni mesi per trovare la ricetta giusta: chiamò alla Casa Bianca lo stratega Dick Morris, si riposizionò al centro e avviò la famigerata tattica della triangolazione, un modo cinico ma brillante per rendere i democratici più accettabili alla maggioranza conservatrice del paese, attenuando le posizioni più radicali (compresa la riforma sanitaria) e utilizzando le parole d'ordine dei repubblicani. In due anni, il presidente riuscì a sottrarre ai conservatori l'agenda, il consenso, le parole d'ordine e nel 1996 fu rieletto agevolmente. Il riposizionamento al centro, per Clinton, non fu un trauma. Aveva già vinto le primarie democratiche del 1992 presentandosi come un "new democrat", un esponente centrista del movimento progressista, un leader impegnato a depotenziare l'anima radicale della sinistra americana.

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Tags Correlati: Barack Obama | Bill Clinton | Camera dei deputati | Dick Morris | Douglas Wheelock | Franklin Delano Roosevelt | George W. Bush | Harry Truman | Harvard | La California | Malesia | Massachussetts | Partiti politici | Senato | Stati Uniti d'America

 

Obama è più ideologo, meno piacione, meno politicante di Clinton. Il modello che potrebbe seguire è quello di Truman. Subentrato alla Casa Bianca alla morte di Franklin Delano Roosevelt, Truman alle elezioni di metà mandato del 1946 perse 55 seggi alla Camera e 12 al Senato. Il giorno dopo non andò incontro alle esigenze dei repubblicani, anzi propose ricette liberal per gestire l'economia post bellica. Quella era ancora l'America del New Deal, un paese a maggioranza progressista che aveva sperimentato i frutti benefici del massiccio intervento pubblico per superare la Grande Depressione. Truman interpretò bene l'umore dell'America e nel 1948 vinse per una manciata di voti quell'elezione presidenziale diventata famosa per la prima pagina del Chicago Tribune uscita col titolo sbagliato "Dewey sconfigge Truman".
Ai tempi di Clinton, quell'America era sparita. C'era stata la rivoluzione liberista di Ronald Reagan. La working class democratica si era fatta ammaliare dall'ottimismo reaganiano e la Right Nation conservatrice aveva preso il soppravvento culturale e ideologico nel paese. Clinton non poteva fare come Truman, la strada per la sua rielezione era stretta al centro. Nelle prossime settimane vedremo che cosa farà Obama per rilanciare la sua presidenza. Se giudicasse l'elezione di due anni fa come una ridefinizione in senso progressista dei connotati sociali dell'America ci dovremmo aspettare una battaglia frontale alla Truman. Se invece cercasse di andare incontro ai repubblicani, sarebbe probabilmente il segnale che nemmeno Obama crede più nella redenzione e nei tratti messianici della sua elezione 2008.
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CURIOSITÁ

Urne spaziali
I tre astronauti americani in orbita sulla Stazione spaziale internazionale hanno votato dallo spazio. Scott Kelly, Douglas Wheelock e Shannon Walker si sono espressi attraverso un sistema di email protetto. «È un grande onore e un grande privilegio votare dalla Stazione spaziale», ha commentato Kelly. Gli astronauti possono votare mentre sono in orbita grazie a una legge approvata nel 1997
Hillary spiritosa
«Credo che Obama sia un po' invidioso che io sia qui oggi». Così il segretario di stato americano Hillary Clinton ha scherzato ieri con gli studenti e le autorità cittadine di Kuala Lumpur, in Malesia, dove si trova in viaggio di stato, raccontando la telefonata fatta al presidente degli Stati Uniti. Nel giorno delle elezioni di metà mandato, che molto probabilmente vedranno i repubblicani ottenere un buon risultato a spese dei democratici, Clinton ha dichiarato che anche in caso di sconfitta l'Amministrazione cercherà di portare a termine il proprio programma
Gli stipendi
I 435 deputati e i 37 senatori che entreranno nel Congresso degli Stati Uniti riceveranno come parlamentari uno stipendio annuo di 174 mila dollari, cifra fissata nel 2010 per entrambe le Camere
Vademecum elettorale
DOMANDE E RISPOSTE
L'impatto dei risultati sulla politica a Washington
1

Cosa sono le elezioni di midterm?
Le elezioni di midterm (ovvero di metà mandato) si chiamano così perché si svolgono a metà del mandato presidenziale che dura quattro anni. Barack Obama, democratico, è stato eletto il 4 novembre 2008. In quell'occasione il suo partito ha ottenuto una significativa maggioranza sia alla Camera che al Senato. Le elezioni di midterm coinvolgono gran parte del Congresso: si rinnova infatti l'intera Camera dei rappresentanti (435 deputati) e un terzo dei 100 seggi del Senato. Nella tornata vengono eletti anche 37 dei 50 governatori degli stati, che durano in carica quattro anni e si rinnovano in coincidenza di midterm.
2

Cosa succede se i democratici perdono la maggioranza in una delle Camere o in entrambe?
Anche in caso di sconfitta elettorale di midterm il presidente, che è eletto dal popolo, resta in carica, con il suo governo, fino alla fine del mandato per altri due anni. Ma l'attuazione dell'agenda politica diventa difficile se non impossibile non potendo la Casa Bianca più contare su una maggioranza in Parlamento. Tuttavia anche i repubblicani non potranno portare avanti una loro agenda se, come è probabile, controlleranno la Camera ma non il Senato. Per poter approvare nuove leggi i repubblicani dovranno quindi arrivare a compromessi con i democratici più moderati, condizione necessaria a superare anche il possibile veto di Obama su leggi sgradite.
3

È già successo che Casa Bianca e Congresso siano controllati da partiti diversi?
Sì. Soprattutto negli ultimi anni: se all'inizio del Novecento era un evento raro, la divisione del governo (divided government) tra Casa Bianca e Parlamento è diventata di recente più comune. Successe, tra gli altri, a Ronald Reagan nel 1982, a Bill Clinton nel 1994 e a George W. Bush nel 2006 di perdere le elezioni di midterm.
4

Perché i democratici sono in difficoltà?
Il presidente e il suo partito sono finiti in una sorta di tempesta politica perfetta: dopo la recessione e l'esplosione della crisi finanziaria dei mutui subprime, l'economia continua a essere in difficoltà e il tasso di disoccupazione rimane inchiodato al 10 per cento. Il tasso di approvazione del presidente è calato sotto il 40 per cento; in caduta libera è anche la popolarità di Obama tra gli indipendenti - coloro che non sono registrati né con i democratici né con i repubblicani ma di volta in volta scelgono il candidato "migliore" - e che rappresentano un blocco elettorale decisivo negli Stati Uniti. Il sostegno al presidente è stato eroso, oltre che dalla crisi economica, anche dall'approvazione della riforma sanitaria, fortemente voluta da Obama. Grazie ad essa per la prima volta gli Stati Uniti hanno un sistema che prevede la copertura assicurativa della quasi totalità dei cittadini (finora circa 40 milioni di persone ne erano prive). Molti elettori giudicano la riforma un'invasione dello stato nelle libertà individuali e temono l'aumento dei costi delle polizze.
5

Cosa sono i Tea Party?
Sono la novità politica di midterm e della politica americana: un movimento grassroots (dal basso) di impronta molto conservatrice e populista. Il programma - meno stato e meno tasse - è già nel nome, ispirato al Boston Tea Party, il movimento di protesta dei coloni americani contro il governo britannico e le sue tasse che innescò la scintilla della rivoluzione americana, nel 1773. Alcuni esponenti del partito repubblicano - come Sarah Palin - hanno apertamente sostenuto il movimento e i suoi candidati che potrebbero essere un nutrito drappello in Parlamento. La loro presenza potrebbe spostare l'asse della politica repubblicana a destra e creare un po' di scompiglio nel partito per la riluttanza dei nuovi arrivati a sottostare alle direttive dell'establishment.
CAMERA
Slavina in arrivo
Si vota per rinnovare l'intera Camera dei deputati (sono 435 seggi), attualmente in mano al partito di Barack Obama che può contare su 255 deputati contro i 178 dei repubblicani
Le previsioni indicano un cambio di maggioranza, con i repubblicani che dovrebbero superare senza problemi la soglia dei 218 seggi (secondo gli exit poll arriveranno a 229-239)
I poteri della maggioranza
Il partito di maggioranza alla Camera fissa l'ordine del giorno, detiene la presidenza dell'aula e quella delle commissioni parlamentari, dettando
insomma l'agenda politica
In caso di vittoria dei repubblicani, il presidente della Camera non sarebbe
più quindi Nancy Pelosi, ma John Boehner (si veda l'articolo in pagina)
GOVERNATORI
Il voto locale
Si vota anche per i governatori di 37 Stati su 50 (oltre a quelli di Guam e delle Isole Vergini americane, per un totale di 39 poltrone) e contemporaneamente si rinnovano numerose cariche locali in molti stati, si vota per il sindaco di alcune città e per i parlamenti locali di 46 stati. Si vota con il sistema maggioritario: chi prende più voti vince
Tra le sfide più incerte quelle della California (il democratico Jerry Brown è in vantaggio sulla repubblicana Meg Whitman) e dell'Illinois, dove il democratico Patrick Quinn corre contro il repubblicano Bill Brady
REFERENDUM
Dalla marijuana alla sharia
Gli elettori americani si sono anche espressi su 160 referendum in 37 stati
La California ha votato sulla proposition 19 che chiede allo stato di legalizzare, tassandola, la coltivazione e il consumo di marijuana
Il Massachussetts ha votato sulla riduzione dell'imposta sui consumi (l'Iva) dal 6,25 al 3 per cento
In Arizona, Colorado e Oklahoma si è votato per bloccare una delle strutture portanti della riforma sanitaria: l'obbligo individuale e per i datori di lavoro di sottoscrivere una assicurazione medica
La Carolina del Sud ha votato sulla legittimità di una norma che impone il voto a scrutinio segreto dei lavoratori prima che si possa dare luce verde all'ingresso dei sindacati in azienda
La California ha votato anche su una proposta che mira ad abolire i limiti anti-inquinamento che lo stato aveva approvato nel 2006
In Oklahoma si è votato un referendum dove si chiede di vietare ai tribunali di basare le loro decisioni sulla legge islamica (la sharia)

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