Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2010 alle ore 06:36.
Good morning, America. Gli Stati Uniti si svegliano diversi questa mattina, con equilibri nuovi che saranno subito messi alla prova dai fronti che il paese ha aperto in tutto il mondo. L'Afghanistan, la forza del colosso cinese, l'economia mondiale che balbetta e quella americana che arranca fra conti pubblici con troppi segni meno e l'occupazione in calo costante. Il presidente Obama si ritrova fra le mani un'America così diversa da quella che l'aveva eletto come salvatore della patria, come uomo di sogni e speranze. Un'America attanagliata dalle paure e da poche certezze.
Da oggi è tempo di ricominciare. Abbiamo chiesto ad alcuni esperti internazionali e italiani d'ipotizzare quali saranno le scelte dei partiti politici dopo l'esito delle elezioni di Midterm. E quali saranno le azioni di Barack Obama per cercare di mettere una toppa alla falla di credibilità che si è aperta nella sua presidenza e per dare nuove speranze ai cittadini americani dopo due anni di tempesta, di posti di lavoro persi (a oggi senza possibilità di recupero).
1) Quale potrà essere il nuovo assetto dei partiti politici dopo le elezioni di midterm? Quali scelte faranno?
2) Le elezioni sono state un referendum su Obama: che azioni deve intraprendere ora il presidente?
L'attenzione torni ai suoi elettori liberal Furio Colombo Senatore Pd 1) Se il risultato sarà quello che autorevoli pollster e opinionisti hanno previsto, e cioè la sconfitta di Barack Obama, la politica americana non si riassetterà: ci sarà una fase tesa, confusa e conflittuale che peggiorerà di molto la situazione. Vendicativa nei confronti del presidente. Una fase pericolosa per l'America e quindi per tutti noi. 2) Spero che Obama smetta di guardare al centro, cosa che ha fatto per tutta la prima metà del suo mandato. Lui è stato eletto da una massa di democratici fortemente motivati da temi sociali, che hanno creduto nella sua capacità di ridare importanza e priorità a questo fronte. E invece il presidente ha governato con la preoccupazione, pur comprensibile, di occuparsi di quelli che non lo avevano eletto. Esattamente ciò che successe in Italia nei due governi Prodi, con l'esito che sappiamo. Ebbene, Obama deve tornare a mettere al centro della sua politica i fedelissimi, al momento - sembra - perduti.
La spinta dei populisti lo riporterà a sinistra Marta Dassù Aspen Institute Italia 1) La politica americana si baserà su un “governo diviso”. È una formula (la presidenza a un partito, la Camera all'opposizione) che l'elettorato ha spesso dimostrato di preferire. Prendiamo due precedenti di pesanti sconfitte per il presidente in carica al Midterm: Truman nel 1946, Clinton nel 1994. Entrambi furono poi rieletti. I precedenti suggeriscono, insomma, che una presidenza priva di maggioranza alla Camera può risultare più convincente. Esiste un caveat: vista la polarizzazione senza precedenti della politica americana, può darsi che la storia non si ripeta. 2) Qui i precedenti dicono cose opposte: Truman si spostò più a sinistra, Clinton guardò al centro. Obama vorrebbe guardare al centro, probabilmente: nella campagna presidenziale, aveva promesso di unire il paese, non di dividerlo. Ma è difficile che l'opposizione repubblicana, pungolata dal "Tea Party", lo assecondi: malgré soi, Obama potrebbe essere un nuovo Truman.
Più enfasi sulla Cina e sui fronti di guerra Bill Emmott Direttore dell'Economist dal 1999 al 2006 1) Partendo dal presupposto che i democratici perderanno il controllo della Camera e una maggioranza schiacciante al Senato, Obama dovrà fare tre cose: essere meno ambizioso nelle questioni di politica interna di quanto non lo sia stato durante il primo anno da presidente; trovare il modo di ridurre il deficit senza provocare una nuova recessione, incalzando i repubblicani su un tema a loro caro; infine porre più enfasi sulla politica estera: se è vero che i suoi spazi d'azione in casa saranno più limitati, è vero anche che Iraq, Afghanistan, Iran, Medio Oriente e Cina saranno temi cruciali per la sua rielezione nel 2012. 2) Credo che Obama, come Clinton nel 1994, guarderà al centro, e la necessità di stare al centro è quello che questa sconfitta alle elezioni di Midterm esemplificherà. Il presidente ha dimostrato nella campagna elettorale del 2008 che è uno tenace, in grado di risalire la china. Dovrà migliorare la sua abilità comunicativa, persa per strada nel 2009-2010.
Adesso l'anatra zoppa è lo scenario probabile Charles Kupchan Council on Foreign Relations 1) Obama avrà chance solo se guarderà al centro. Se vuole essere rieletto nel 2012 deve riconquistare una parte degli elettori di centro che lo hanno votato nel 2008 ma che gli hanno appena voltato le spalle. Le chiavi per vincere la sfida sono migliorare l'economia, ridurre la disoccupazione e costruire alleanze al Congresso aldilà delle ideologie. Non sarà facile. Il Congresso è più diviso di prima. I democratici sono sbilanciati a sinistra, i repubblicani, con i rappresentanti dei Tea party, radicalizzati a destra. L'anatra zoppa è lo scenario più probabile. 2) La speranza di Obama è rivitalizzare un atteggiamento bipartisan dossier per dossier. Spostandosi al centro rischia di allontanare quella parte dei democratici non disponibili ad accordi con la destra repubblicana. Una strategia bipartisan - dal commercio al clima, dal deficit agli armamenti - gli consentirà di raggiungere alcuni risultati in un paese destinato alla paralisi.
Se i Tea Party dilagano bene per la Casa Bianca Moisés Náim National endowment for democracy 1) Sulla carta, i repubblicani dovrebbero conquistare la Camera, i democratici mantenere una maggioranza risicata al Senato. Il punto, però, è che non ci sono più sulla scena due partiti monolitici: sono entrambi molto divisi. Gli ultraconservatori dei Tea Party hanno lanciato la loro "scalata ostile" all'establishment repubblicano, i democratici sono spaccati tra i liberal scontenti dell'azione del presidente, e i pro-Obama che la difendono. 2) Queste divisioni avranno un impatto diretto sulla politica e il peso del presidente. Il quale, per esempio, sarebbe fortemente avvantaggiato da un'ascesa dei Tea Party, perché il paese nella sua totalità non si riconosce nell'estremismo del movimento populista. In ogni caso, non è facile immaginare cosa farà Obama, la sua agenda è dettata da questioni che sfuggono al controllo: l'andamento della guerra in Afghanistan, la minaccia del terrorismo, l'evoluzione dell'economia globale.
Scelte coraggiose sull'occupazione Guido Olimpio Editorialista Corriere della Sera 1) Il voto darà una grande spinta ai repubblicani: oltre alla soddisfazione per un recupero insperato, avranno un mandato preciso dagli elettori. I democratici dovranno rivedere il loro rapporto con l'opinione pubblica che così tanta spinta ha dato a Obama nel 2008. Resta da capire come verranno incanalate le varie istanze dei Tea Party. 2) Obama ha perso terreno per l'economia più che per Cina e Afghanistan. Dall'economia deve ripartire in modo drastico e immediato. Obama è un presidente ideologico, è stato eletto come l'uomo della speranza, ma gli americani fanno i conti con le case che devono lasciare e con i posti di lavoro persi. Qualcosa di molto concreto, reale. Obama ha bisogno di una ricetta per uscire in fretta dall'angolo in cui la crisi economica l'ha confinato. I cittadini chiedono fatti (cambiare la squadra potrebbe essere una scelta) perché le presidenziali del 2012 non sono poi così lontane.
Neppure la bacchetta magica salverà il paese Roberto Perotti Università Bocconi di Milano 1) Dopo queste elezioni i partiti si concentreranno sulle Presidenziali del 2012. I repubblicani impediranno ad Obama qualsiasi azione e, dopo il successo dei Tea Party, dovranno in qualche modo tener conto delle richieste della nuova forza. Il destino dei democratici è legato all'andamento dell'economia: se non ci saranno segnali di ripresa, non s'identificheranno più con Obama. 2) Nei primi due anni di mandato il presidente non ha commesso errori gravi; è il clima mondiale ad avergli tolto forza e seguito. Anche Reagan, nel 1982, subì un contraccolpo alle elezioni di Midterm ma poi l'economia rialzò il capo e il presidente riuscì a farsi rieleggere nel 1984 (ma Reagan era un presidente comunicativo). Se in America i consumi resteranno piatti e l'occupazione non scenderà sotto l'attuale 10%, il destino di Obama è segnato: oggi non esiste una bacchetta magica che con due-tre azioni possa risollevare gli Usa.
Il terrorismo potrà innescare sorprese Massimo Teodori Università di Perugia 1) Obama, in presenza di una Camera repubblicana e di un Senato a lieve maggioranza democratica, dovrà impostare una politica di corresponsabilità bipartitica che, se riuscirà, potrà anche essere di giovamento nel recupero di un volto moderato. Se i Tea Party conquisteranno il partito repubblicano e correranno alle presidenziale nel 2012, è probabile che il Grand Old Party sarà sconfitto: le presidenziali devono essere giocate e vinte al centro. 2) I nodi sono l'economia e il lavoro. Anche se la più grave crisi dopo gli anni 30 è stata arginata, ma non vinta, la maggior parte degli americani imputa a Obama l'inefficacia rispetto ai singoli dei provvedimenti socio-economici fin qui varati. Due altre questioni possono avere peso sul futuro politico degli Usa: i finanziamenti alla politica liberalizzati dalla Corte suprema, che Obama dovrà cercare di arginare, ed eventuali atti di terrorismo che potrebbe scompaginare gli equilibri esistenti.