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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2010 alle ore 18:19.

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La difficile liberazione del wi-fi nei locali pubbliciLa difficile liberazione del wi-fi nei locali pubblici

Cosa dice il decreto Pisanu

Da fine luglio 2005, gli italiani non possono connettersi a un hot spot wi-fi senza prima aver fornito al gestore dell'esercizio dove il punto di accesso ad internet è presente le proprie generalità. E il gestore stesso deve chiedere e ottenere una esplicita licenza dalla questura per poter fornire un accesso a internet ai propri clienti.

In pratica, l'accesso a internet da un luogo pubblico viene trattato in una maniera diversa rispetto a quello ad altri sistemi di comunicazione, come per esempio la telefonia a voce. Testualmente, il decreto legge 144 del 2005 (convertito dalla legge 155/05) recita, nella parte che riguarda gli accessi internet via wi-fi (articolo 7, comma 1): «fino al 31 dicembre 2010, chiunque intende aprire un pubblico esercizio o un circolo privato di qualsiasi specie, nel quale sono posti a disposizione del pubblico, dei clienti o dei soci apparecchi terminali utilizzabili per le comunicazioni anche telematiche, deve chiederne la licenza al questore. La licenza non è richiesta nel caso di sola installazione di telefoni pubblici a pagamento, abilitati esclusivamente alla telefonia vocale».

Più avanti, al comma 4, si impongono «il monitoraggio delle operazioni dell'utente» e «l'archiviazione dei relativi dati..., nonché le misure di preventiva acquisizione di dati anagrafici riportati su un documento di identità dei soggetti che utilizzano postazioni pubbliche non vigilate per comunicazioni telematiche ovvero punti di accesso ad Internet utilizzando tecnologia senza fili».

Il decreto legge fu introdotto dall'allora ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, dopo gli attentati di Londra del 7 luglio 2005. Nel consiglio dei ministri di ieri, è stato approvato, su proposta del ministro degli Interni Roberto Maroni, un disegno di legge secondo cui, in materia di accesso alle reti wi-fi sarà previsto «il superamento delle restrizioni al libero accesso alla rete contenute nel cosiddetto decreto Pisanu, mantenendo tuttavia adeguati standard di sicurezza».

Lo stesso Maroni ha puntualizzato dopo il consiglio dei ministri che dal primo gennaio del prossimo anno ci si potrà collegare liberamente, senza restrizioni, alle reti wi-fi: secondo Maroni, «vengono superate le restrizioni imposte dal decreto di cinque anni fa, che ora sono state oltrepassate dall'evoluzione tecnologica».
Analizzando però il decreto Pisanu sorge il dubbio che, se non si interviene con un nuovo provvedimento legislativo (cosa che sembra improbabile dati i tempi ristretti), a decadere dal 1° gennaio del prossimo anno sarà solo il comma 1 dell'articolo 7, l'unico che riporta esplicitamente una data di scadenza. Sicuramente, quindi, sparirà l'obbligo di richiedere una licenza in questura, non quello di chiedere le generalità a eventuali fruitori di un servizio internet, (comma 4).

Il limite imposto dal decreto Pisanu, tuttavia, si è già ridotto per la stessa evoluzione tecnologica. Innanzitutto, un utente smaliziato di internet è semplicemente in grado di accedere alla rete anche da hotspot casalinghi aperti, presenti un po' ovunque.
Secondo una ricerca di una società specializzata in connessioni wi-fi, in Italia gli hot spot internet senza password di accesso, e a cui quindi si può accedere liberamente, sarebbero poco meno del 30% (negli Usa raggiungono il 40%). Quindi, con un po' di tempo e di fortuna (e la possibilità di spostarsi) chi ha una buona conoscenza tecnica è comunque in grado di trovare un hot spot "aperto" per connettersi.

Da questo punto di vista, quindi, il decreto Pisanu è già effettivamente superato, anche perché sembra palese come non sia più lo strumento adatto per coprire la sua esigenza originaria: impedire gli utilizzi illegali della Rete.

franco.sarcina@ilsole24ore.com

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