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Berlusconi rinuncia al Forum della famiglia

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2010 alle ore 06:39.


ROMA
Silvio Berlusconi rinuncia. Non sarà il premier ad aprire i lavori della Conferenza nazionale sulla famiglia che si svolgerà a Milano la prossima settimana. La decisione era nell'aria dopo le polemiche scoppiate a seguito del caso Ruby e la presa di distanza del Forum delle famiglie. Il presidente dell'associazione organizzatrice tre anni fa del family day, Francesco Belletti, aveva fatto sapere che la prevista presenza del premier avrebbe creato «imbarazzo». Di qui la decisione assunta ieri e ufficializzata da Palazzo Chigi in un comunicato nel quale si annuncia che a sostituire il premier sarà il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi. In questo modo Berlusconi – si spiega nell'entourgae del premier – eviterà «attacchi e strumentalizzazioni» alla sua persona che non gioverebbero al bilancio finale della Conferenza. Che Berlusconi potesse essere accolto non benevolmente era più che un timore una certezza. La rinuncia del Cavaliere suona come un'ammissione delle difficoltà del momento legate al Rubygate ma anche, se non soprattutto, alla nascita di Futuro e libertà, allo smarcamento di Gianfranco Fini che giovedì ha imposto al governo di scendere a patti sulla legge di stabilità.
Ecco perchè tutta l'attenzione è ora concentrata su quel che il presidente della Camera dirà domani a Perugia, dove oggi si apre la prima convention di Fli, alla quale sono attesi circa 5mila partecipanti. Fini ieri ha riunito il vertice del partito per fare il punto all'indomani dell'intervento di Berlusconi. Una riunione in cui l'ex leader di An ha parlato poco, preferendo ascoltare falchi e colombe. L'unica cosa che ha sottolineato è che a Perugia la posizione di Fli uscirà in modo «inequivocabile». Fini ha confermato la delusione per l'intervento del premier. Quel patto di legislatura offertogli da Berlusconi è arrivato tardi e soprattutto non è stato affiancato da proposte concrete, se non la ripetipetizione dei cinque punti. Un giudizio che fa presagire un ulteriore innalzamento del livello dello scontro anche se probabilmente non si arriverà allo strappo definitivo. «Ho le idee abbastanza chiare e credo di poter tirare le somme e conciliare le vostre posizioni, perchè ci sono punti di convergenza», ha detto rivolgendosi a falchi e colombe. In effetti le differenze emerse anche nel vertice di ieri sembrano essere più di carattere tattico che strategico. I falchi Granata, Briguglio e Perina puntano a un gesto di rottura immediato, come il ritiro della delegazione di governo; le colombe Moffa e Menia invece sostengono che il Cavaliere va incalzato ma non abbandonato, non ora almeno. Entrambe le "fazioni" però sono convinte che l'obiettivo è puntare alla guida del centro-destra ovvero a scalzare il partito di Silvio Berlusconi perchè, ha ripetuto la colomba Pasquale Viespoli, «il Pdl non esiste più». Tutti alla fine fanno sapere che in ogni caso, quale che sia la decisione che verrà annunciata domani, rimmarrano comunque con Fini. «Decidi tu – gli dice Italo Bocchino alla fine della riunione - trova il giusto equilibrio e noi siamo pronti a sostenerlo, senza accettare solo il patto di legislatura e senza consentire a Berlusconi di addossarci la crisi e dire che siamo noi a staccare la spina». In che modo Fini riuscirà a esprimere questa sintesi nessuno (tranne forse una o due persone) lo sa. Il presidente della Camera non può però non sfruttare il momento. I segnali sono evidenti. Mai come ora emergono le difficoltà del governo, alimentate non solo dai distinguo di Fli e dalle vicissitudini di Berlusconi ma anche dalle tensioni interne al Pdl. Lo scontro di ieri tra Giulio Tremonti e Stefania Prestigiacomo, iniziato in Consiglio dei ministri e continuato con un botta e risposta pubblico, lo conferma. Così come l'addio al partito del premier di un altro parlamentare, questa volta un senatore, Enrico Musso, per ora approdato al gruppo misto ma che ha detto di guardare con attenzione a Fli. Anche l'incontro a Palazzo Grazioli di Berlusconi con i due scontenti toscani Deborah Bergamini ed Alessio Bonciani (quest'ultimo nei giorni scorsi era dato tra i nuovi acquisti finiani) è un altro segnale: a loro il Cavaliere ha affidato il compito di galvanizzare la generazione dei quarantenni.

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