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Obama conquista l'India

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 novembre 2010 alle ore 06:37.


MUMBAI. Dal nostro inviato
Da ieri è partita una nuova sfida commerciale, questa volta in nome dell'apertura e non del protezionismo. Una sfida che ha lanciato Barack Obama da Mumbai al debutto del viaggio asiatico, che punta a un raddoppio dell'interscambio fra India e Stati Uniti in cinque anni, alla rimozione di barriere commerciali, a una facilitazione dei finanziamenti pubblici, a forti investimenti diretti nelle due direzioni e a nuovi accordi commerciali. Una sfida che avrà ricadute competitive sull'Europa, e sull'Italia in particolare che rischia di restare indietro in questa accelerazione impressa dall'America per la conquista di mercati emergenti.
Il primo risultato di questa nuova aggressiva strategia per l'esportazione americana lo abbiamo avuto ieri, con una ventina di accordi firmati e annunciati da aziende americane e indiane per un valore complessivo di 10 miliardi di dollari, che sosterranno 54mila posti di lavoro negli Stati Uniti. «Dobbiamo uscire dagli sterotipi caricaturali secondo cui l'India è un call center per l'America che ruba posti di lavoro agli americani, con l'India abbiamo una relazione dinamica in due direzione che vogliamo rafforzare perché un miliardo di dollari di esportazioni americane sostengono mille posti di lavoro a casa» ha detto Obama nel discorso pronunciato davanti a una platea di 200 uomini d'affari americani al suo seguito e di altrettanti uomini d'affari indiani.
La partita per la conquista del mercato indiano è una delle più importanti sul piano strategico da qui ai prossimi cinque anni. L'India prevede nei prossimi anni investimenti infrastrutturali per 1.000 miliardi di dollari, tassi di crescita dell'8-9% e una sostenibilità del suo percorso espansivo pluridecennale: ha una composizione demografica che stima nel 19% la popolazione al di sopra dei 65 anni nel 2050, contro il 39% in Usa, il 53% in Germania e il 67% in Giappone.
Fra gli accordi annunciati ieri, la Boeing ha venduto per 2,7 miliardi di dollari 30 B737/800 alla SpiceJet, una compagnia aerea indiana che vuole aumentare il traffico interno e locale. Sempre la Boeing dovrebbe firmare a giorni l'accordo per la fornitura di dieci C-17, aerei da trasporto militare, una commessa che supera i 4 miliardi di dollari. Insieme questi due contratti dovrebbero sostenere 20.000 posti di lavoro in America. La General Electric venderà alla Indian Aeronautical Development Agency 107 motori F414 per aerei da combattimento leggero, un contratto da 822 milioni di dollari che porterà all'America 4.440 posti di lavoro. Sempre la GE si è aggiudicata un contratto per la fornitura di sei turbine a gas e di tre turbine a vapore per un impianto di energia elettrica che sarà costruito a Samalkot dalla Reliance Power Group uno dei più importanti conglomerati indiani. Il contratto vale 750 milioni di dollari con 450 milioni di dollari di "export content" americano, con ricadute su 240 fornitori in america e con un sostenamento di 2.650 posti di lavoro. Ma tutto ciò è stato già possibile oggi. Per guardare in avanti Obama agirà su altri due fronti, il primo prevede la rimozione di leggi "antiquate" che limitano le esportazioni americane hi tech in India. Il secondo prevede un rilancio dei finanziamenti alle esportazioni. Ad esempio, ieri Fred Hochberg Ceo della Exim Bank, l'equivalente della nostra Sace, ha firmato un memorandum d'intesa per finanziare con 5 miliardi di dollari l'acquisto da parte della Reliance di beni e servizi americani da utilizzare per lo sviluppo di energia elettrica fino a 8.000 megawatt e di energia rinnovabile solare ed eolica fino a 900 megawatt. Anche questa è una sfida. Da noi un'operazione simile sarebbe impossibile visto che la Sace non è autorizzata ad emettere finanziamenti diretti alle imprese, ma deve intermediare con le banche con un aumento del costo di produzione. Per rimuovere ostacoli "antiquati" alle esportazioni hi tech in India, Obama ha invece annunciato che l'America appoggerà l'ingresso a pieno titolo di Delhi in quattro protocolli multilaterali per la non proliferazione atomica. Un processo graduale, ma quando sarà completato ha detto Obama: «Avremo rimosso gli ostacoli e rafforzato il nostro rapporto strategico: l'India riceverà un trattamento simile a quello riservato ai nostri alleati più vicini».

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Tags Correlati: Barack Obama | Europa | Exim Bank | Finanziamenti alle imprese | Fred Hochberg | General Electric | Martin Luther King | Mumbai | Reliance Power Group | Sace | Stati Uniti d'America

 

Il presidente americano ha dedicato una piccola parte del suo tempo a visite di cortesia: ha ricordato le vittime dell'attacco terroristico di due anni fa contro il Taj Mahal, l'albergo di Mumbay dove «ho scelto di stare per dimostrare che il terrorismo perde». Obama non ha però citato i legami con il Pakistan dei terroristi delle stragi di Mumbai e questo ha creato molte polemiche sui media indiani. Ha infine visitato il museo di Ghandi, un piccolo appartamento dove il Mahatma ha vissuto e dove, in una notte del 1959, Martin Luther King chiese e ottenne di poter dormire.
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