Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2010 alle ore 06:35.
SEUL. Dal nostro inviato
Dai fasti degli accordi indiani, alle delusioni coreane: questo viaggio asiatico per Barack Obama ha subìto ieri una battuta d'arresto, come se si fossero aperte delle falle che non promettono bene per l'esito di questo G-20 in corso a Seul. Fonti americane insistono sul fatto che il comunicato finale di oggi affronterà la questione delle riduzioni degli squilibri commerciali. Ma non ci sarà alcun riferimento numerico agli obiettivi, nessuna coercizione. E il comunicato sarà di quelli buoni per tutte le stagioni. Sul fronte valutario anche dopo incontri bilaterali di Obama con il leader cinese Hu Jintao e con il cancelliere tedesco Angela Merkel, le distanze restano insanabili.
L'ironia ha voluto che il primo fronte a cedere fosse quello che doveva essere il piu sicuro, il coreano. Durante il suo incontro con Obama alla Casa Blu, il presidente coreano Lee Myung Bak ha bloccato l'accordo commerciale bilaterale per la creazione di un'area di libero scambio con gli Usa, dato per fatto e già rimandato un anno fa. «È questione di settimane, stiamo solo risolvendo dettagli» ha cercato di cavarsela il presidente americano.
Il rinvio conferma che le tedenze protezionistiche sono latenti e pressanti nel momento in cui vi è la percezione di manipolazioni dei mercati dei cambi. La Corea non ha abbassato la guardia né per le importazioni di auto né per quelle di carni americane. E l'America non chiedeva la Luna. Obama, già sotto il fuoco incrociato di Germania e Cina, viene ulteriormente indebolito dal presidente di turno del G-20.
Questo conferma che tutti sono pronti a tutto. Anche a imbarazzare il proprio ospite in visita. Lee Myung Bak infatti, a un certo punto ha anche irriso Obama. Quando una giornalista gli ha chiesto di commentare gli attuali sviluppi monetari americani in relazione alla Corea Lee ha risposto: «Questa è una domanda alla quale vorrei rispondere senza avere di fianco il presidente degli Stati Uniti». Poi ha fatto una risatina, come per minimizzare la battuta. E ha detto che certo, l'importanza di avere un'America forte è cruciale e si augura perciò che tutto funzioni. Ma la frecciata iniziale ha colpito nel segno. E un giornalista americano ha risposto a tono: «Signor Lee, quando potrete dire ai figli degli americani morti per la vostra terra che siete pronti ad accordi equi?». Tensioni di questo genere in una conferenza stampa sono davvero rarissime.