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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2010 alle ore 23:28.
Non dovranno indossare il keikogi, l'abito guerriero dei samurai, ma sarà invece una sfida di seduzione quella in cui si produrranno nel weekend a Yokohama, seconda città del Giappone, in occasione del vertice economico dei paesi della Regione Asia Pacifico (Apec) il "giovane" Obama (48 anni), leader della Grande Potenza declinante, gli Stati Uniti, e il più anziano leader cinese, Hu Jintao (66 anni).
La Cina è la Nuova Potenza emergente, con cui devono fare i conti, sia pure per motivi differenti, i leader dei 21 paesi che aderiscono all'Apec (sono quelli dell'Asia Orientale in aggiunta a Messico, Cile, Perù, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Russia e Nuova Guinea).
La Cina è diventata ormai un partner economico irrinunciabile per quelli più sviluppati, come la Corea del Sud e il Giappone, che hanno trovato in Cina il loro principale mercato di esportazione e una piattaforma produttiva a basso costo per le loro aziende. Ma sta diventando, in misura crescente, anche un concorrente temibile su tutto i mercati mondiali.
Altre Tigri asiatiche come l'Indonesia, la Thailandia, le Filippine, guardano alla Cina in maniera ambivalente. Pechino porta nei loro paesi nuovi investimenti in aggiunta a quelli delle grandi multinazionali americane (ed europee) ma li inonda anche di prodotti a basso costo che fanno concorrenza alle produzioni locali.
E soprattutto, i dirigenti di Pechino hanno introdotto un approccio non sempre gradito nella gestione delle relazioni economiche in cui le questioni commerciali si incrociano con quelle politiche e militari. E sotto questo profilo la svolta non è gradita a tutti. Pechino ha dispute territoriali aperte per il controllo di una serie di isole e delle rispettive acque territoriali con paesi come le Filippine, il Giappone, il Vietnam, la Malaysia e Brunei, la stessa Russia e naturalmente, Taiwan.
Con Tokyo i leader cinesi non hanno esitato a usare, con innegabile creatività, le armi del ricatto economico dopo la cattura, avvenuta due mesi fa, di un peschereccio cinese vicino alle isole Senkaku, il cui controllo è rivendicato da entrambe le capitali. Ne hanno inaspettatamente fatto le spese la Toyota, che si è vista multare per gli sconti praticati ai rivenditori dei suoi modelli in Cina, e i produttori giapponesi di apparecchiature elettroniche che si sono visti bloccare le forniture di lantanio ed affini. Si tratta di metalli con particolari proprietà magnetiche, di cui la Cina detiene un quasi monopolio a livello mondiale (95% dell'export globale) che sono utilizzati nella produzione di schermi piatti, batterie per vetture ibride, apparecchiature militari, telefoni cellulari.