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Chi sbanda pagherà caro

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2010 alle ore 06:36.

Nel febbraio del 2007, all'indomani delle dimissioni del governo Prodi, il mercato riteneva che il debito pubblico italiano fosse più rischioso di quello di Grecia e Portogallo: lo spread tra BTp e Bund tedeschi decennali era estremamente basso rispetto ai livelli odierni, all'epoca poco più di 20 centesimi, ma stentava a mantenersi in linea con i bond greci e portoghesi. Il costo della protezione contro il default del debito pubblico italiano divenne più caro dei credit default swap sull'insolvenza greca o portoghese. E questa è storia, storia recente, da fare invidia ai romanzi di fantafinanza.

Dal 2007 a oggi, il mercato e gli spread sul rischio sovrano nell'eurozona di strada ne hanno fatta molta, incalzati dalla peggiore crisi economico-finanziaria del secolo. Il BTp è stato ribattezzato "il Bund dei periferici", e l'Italia - classificata a metà strada tra gli stati PIGS e i paesi "core" con rating AAA - ha preso le distanze da Grecia, Portogallo, Irlanda e persino Spagna: il suo spread quest'anno si è allargato molto meno degli stati del ClubMed, rispetto alla Germania.

L'affidabilità del rischio-Italia è stata rivalutata e sono stati riconosciuti al sistema italiano punti di forza in precedenza sottostimati (si veda scheda). Nel frattempo è stato ridimensionato lo standing creditizio di Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna. Questo colossale "mispricing" e conseguente "repricing" del rischio sovrano ha però segnato il mercato. E la ferita è ancora aperta, come dimostra la volatilità estrema degli spread. Gli investitori istituzionali grandi acquirenti di titoli di stato in euro (960 miliardi circa le aste a medio-termine 2010 nell'eurozona) sono oramai affetti dalla sindrome del mispricing. Temono che lo spread dei bond governativi dell'eurozona rispetto ai titoli tedeschi sia mal valutato. La grandinata di declassamenti di rating nell'eurozona periferica dal 2009 (Italia esclusa) e la crisi dei conti pubblici truccati in Grecia la scorsa primavera hanno innescato una monumentale opera di rivisitazione e rivalutazione della sostenibilità dei debiti pubblici europei.

Il mercato ha ammesso di aver sbagliato quando schiacciava tutti gli spread nell'orbita dei 20 centesimi sui Bund, allineando la moneta unica e il mercato unico e un unico rischio sovrano. Ora, ai singoli membri dell'eurozona viene riconosciuto un proprio standing: e il differenziale tra i rendimenti dei titoli di stato è ritagliato su misura. Questa correzione ha rischiato però di essere molto violenta e prontamente Bruxelles è intervenuta con messaggi forti e chiari tranquillizzanti: la Grecia non è stata abbandonata a se stessa, è stato inventato un macchinoso meccanismo di prestiti bilaterali assieme al Fondo monetario e sono usciti dal cappello a cilindro 110 miliardi.

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Tags Correlati: Bruxelles | Club Mediterranée | Fmi | Germania | Grecia | Irlanda | Italia | PIGS | Portogallo | Rating | Spagna | Standard and Poor's

 

Per i casi problematici eventuali futuri - conti alla mano Irlanda, Portogallo e Spagna - Ue ed Fmi hanno imbastito il veicolo EFSF con altre misure eccezionali conquistando le prime pagine dei giornali di tutto il mondo con il fantasmagorico pacchetto di salvataggio da one trillion dollars. Bene: gli investitori hanno metabolizzato il messaggio e creduto a un'eurozona compatta e coesa, anti-default sovrano. Gli spread hanno ricominciato a stringersi.

Fino a quando, storia di questi giorni, Germania e Francia in testa seguiti da una recalcitrante Bruxelles hanno rimesso tutto in discussione, facendo intendere che nell'eurozona il default degli stati è ammesso con haircut (perdita) inflitta ai privati. Gli investitori, colpa la sindrome del mispricing, hanno riallargato gli spread: il repricing è in corso. Per l'Italia con debito/Pil verso il 120% , come per tutti gli stati europei a eccezione della Germania, questo significa che gli spazi di manovra sui conti pubblici si stringeranno enormemente mancando la rete di sicurezza dell'eurozona: qualsiasi errore di politica economica e fiscale, in futuro, costerà più caro in termini di costo del debito.

isabella.bufacchi@ilsole24ore.com

LA TENUTA DELL'ITALIA
I rating
Nel corso della crisi, il rischio-Italia non ha subito declassamenti di rating e l'outlook è rimasto stabile. A sostegno dell'affidabilità della capacità dello stato italiano di rimborsare puntualmente e integralmente il debito il mercato ha riconosciuto punti di forza in passato sottovalutati: debito privato basso, solidità delle banche, liquidità dei titoli di stato, professionalità nella gestione delle aste, stabilità del mercato immobiliare. Nel corso della crisi, i rating di Spagna, Irlanda, Portogallo e Grecia sono stati ripetutamente declassati da Moody, S&P e Fitch: colpa di crolli bancari, scoppio di bolle speculative immobiliari, modelli economici squilibrati, conti pubblici truccati. L'outlook dei rating è peggiorato in negativo. I titoli greci sono di livello speculativo (BB+) mentre quelli spagnoli e irlandesi hanno perso la blasonata AAA

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