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Dal Colle segnali per evitare una crisi sulla manovra

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 novembre 2010 alle ore 06:37.


Creare attorno alla «legge di stabilità» e sul bilancio una sorta di «cordone sanitario», così da porre al riparo i conti pubblici dagli effetti della «grandissima turbolenza» politica che ha investito la maggioranza. Una preoccupazione che al Colle è andata nei giorni scorsi via via crescendo, tanto da indurre Giorgio Napolitano a una serie di prese di posizione che solo a una lettura superficiale possono apparire irrituali, come la nota emessa ieri sera in replica a quanto aveva sostenuto il capogruppo dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri.
Vale la pena allora di analizzare la sequenza e il crescendo delle ultime esternazioni del Capo dello Stato. L'8 novembre, il giorno successivo al discorso di Gianfranco Fini che ha sancito la dissoluzione dell'attuale maggioranza, il Quirinale interviene per chiarire che, lungi dal preoccuparsi degli «scenari politici evocati in varie sedi» (dal governo tecnico alle elezioni anticipate), l'attenzione del presidente è unicamente rivolta alla «scadenza di impegni inderogabili per il Paese». Al primo posto, c'è appunto la finanziaria in discussione alla Camera. L'appello apre una breccia, tanto che i finiani assicurano il loro sostegno nelle votazioni sulla legge di stabilità e sul bilancio. L'accordo sul maxiemendamento sembra reggere. Argomento oggetto peraltro di una lunga conversazione telefonica con il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. La moral suasion del Colle sembra andare a buon fine, ma la tensione politica resta altissima e non si possono escludere colpi di scena nelle prossime votazioni alla Camera, tanto che Napolitano decide di scendere nuovamente in campo. Il senso del ragionamento racchiuso nei due interventi pronunciati a Padova mercoledì e giovedì appare chiaro: la politica ha l'onere e per certi versi il dovere di operare delle scelte, soprattutto quando si tratta di decidere la corretta allocazione delle risorse. Così non è, ma non certo per responsabilità di Tremonti. Il problema è che la politica ha perso la bussola. Napolitano sceglie con la puntigliosità che gli è propria aggettivi e sostantivi, e non a caso parla di un «vuoto di riflessione e di confronto sulla questione cruciale delle scelte da compiere e delle priorità da osservare nella destinazione delle risorse pubbliche». Il caso dei fondi per la cooperazione allo sviluppo, giunti al loro minimo storico, è solo uno dei tanti del lungo elenco delle priorità che ha in mente.

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Tags Correlati: Camera dei deputati | Gianfranco Fini | Giorgio Napolitano | Giulio Tremonti | Maurizio Gasparri | PDL | Presidenza della Repubblica

 

La sua non è dunque una critica rivolta a questa legge di stabilità, ma all'assenza di una strategia di medio e lungo periodo, che coinvolge la maggioranza come l'opposizione. Eppure è l'unica strada, alla fine, per uscire dall'emergenza dei tagli lineari. Gasparri ha letto questa presa di posizione come un allinearsi di Napolitano al «coro di quanti dicono che non bisogna fare i tagli, ma esternare è facile, governare i conti e tenere ferma la spesa è difficile». Il punto – si ragiona al Colle – è che Napolitano non è affatto contrario ai tagli, assolutamente necessari «di fronte a una rischiosa situazione finanziaria come l'attuale sul piano internazionale». È in gioco la stabilità dell'intero paese. Non possiamo rischiare di minare quel prezioso patrimonio di credibilità che consente di collocare i titoli del debito pubblico tra gli investitori interni e internazionali. Altra cosa è sostenere che chi sarà chiamato a governare «ancora o nuovamente» debba responsabilmente operare delle scelte. Il suo è un invito, un suggerimento: al contrario di tagliare bisognerebbe investire su ricerca, innovazione, istruzione, tutela del territorio, ma è evidente che altro non può fare. Le scelte spettano a chi governa e al Parlamento.
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