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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2010 alle ore 15:10.
Dal G-20 di Seul il presidente americano Barack Obama e il premier italiano Silvio Berlusconi son tornati in tempi diversi, ma con lo stesso malinconico stato d'animo: non riuscire più ad avere l'ultima parola al tavolo della trattativa. Per il giovane leader della Casa Bianca, come per il veterano presidente di Palazzo Chigi, sono giorni di amarezza. Obama abituato, per il suo Bildung, la sua ascesa personale, e per la forza dell'impero Usa a uscire vincitore da ogni impegno vede l'America e il mondo non stare più ad ascoltarlo. Berlusconi abituato per il curriculum di imprenditore e politico al successo come brand, sembra vivere sulla carta moschicida del racconto di Musil, più si muove più si impegola. A Obama e Berlusconi, così diversi per identità, visione e cultura, il fato assegna insieme un autunno triste e un inverno arduo.
Cominciamo da Obama. Dopo la batosta feroce alle elezioni di midterm, sperava che la missione in Asia e al G-20 servisse a ridargli carisma. Sognava un patto commerciale con la Corea del Sud che fruttasse lavoro per le industrie meccanica e alimentare Usa, e un faccia a faccia col presidente cinese Hu Jintao sulle valute: magari senza grandi risultati, perché è già chiaro a tutti che sulle monete ogni grande potenza farà da sola, ma almeno capace di ridargli status.
Invece il suo ultimatum ai coreani è stato ignorato, e Hu gli ha fatto la lezioncina: perché la Federal Reserve osa allagare il mondo con 600 miliardi di dollari, senza rispetto per i mercati emergenti? Verrà la scelta di rendere lo yuan meno aggressivo, ha ammonito Hu, ma solo «quando i tempi saranno propizi», a giudizio imprescrutabile di Pechino, ovviamente.
Né a Obama va meglio in Europa. La Germania difende il suo modello e non ascolta più né i partner dell'Unione, né la Casa Bianca: la cancelliera Merkel guarda in casa propria e basta. Il presidente francese Sarkozy si accinge ad usare il suo anno di leader del G-20 come un can can per nascondere le sconfitte parigine, accontentandosi dell'accordo siglato, senza avvisare nessuno, con Berlino: per chi non ha carte fiscali in ordine, solo cartellini giallo pallido, niente di serio.