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Bufera primarie sui democratici

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 novembre 2010 alle ore 06:39.


ROMA
Magari fosse solo Milano! Per quanto la batosta sia stata forte, ieri i vertici del Pd avevano già la testa altrove. A quelle città dove la macchina delle primarie è ormai in corsa ma il partito è diviso o in ritardo e, quindi, il rischio di ripetere la débâcle milanese molto concreto. Torino, Bologna, Napoli si preparano ai gazebo e nel partito l'apprensione cresce dopo la sconfitta del candidato democratico Stefano Boeri a vantaggio del "vendoliano" Giuliano Pisapia. Perché le primarie stanno diventando il campo di battaglia per il fuoco amico e da ieri Sinistra e libertà affila le armi e cerca di dare repliche in tre città chiave per il centro-sinistra.
A Bologna proprio oggi è convocata una direzione del Pd che di certo non sarà tranquilla. La situazione è in alto mare ma lì è stato il destino a gettare nel caos il partito dopo che Maurizio Cevenini, sicuro vincitore, si è ritirato per problemi di salute. Dopo di lui non il diluvio ma quasi. Perché in campo ci sono due ex Ds che spaccano il partito e rischiano di elidersi – Virginio Merola e Andrea De Maria – e c'è anche un giovane outsider, Benedetto Zacchiroli. In questo marasma di divisioni avrebbe ottimo gioco la candidata di Vendola, Amelia Frascaroli, proveniente dal mondo della Caritas, cattolica ma favorevole alle unioni tra gay, 5 figli, inventrice di un tea party in salsa "dossettiana", fa riunioni nel tinello di casa sua offrendo tè. L'ultima batosta è di ieri: il no di Andrea Segrè, preside di Agraria, ben visto anche tra i vendoliani, avrebbe ricompattato il centro-sinistra ma, niente da fare.
Napoli è un po' lo stesso scenario. Il 27 novembre è la data ultima per lanciare i candidati e la divisione è l'unica certezza. I bassoliniani si sono spaccati, una parte sta con uno dei candidati in pista – Nicola Oddati – l'altra parte punta ancora sulla candidatura di Andrea Cozzolino che è europarlamentare e non ha sciolto la riserva. Un altro pezzo del Pd sostiene invece l'altra candidatura in pista, quella del riformista Umberto Ranieri, vicino al presidente Giorgio Napolitano, ma dell'area di Enrico Letta e quindi "divisivo" nel partito e non solo. Sinistra e libertà, infatti, ha già detto che non lo voterà e pensa piuttosto a Guido De Martino, figlio di Francesco ed ex senatore Ds, che potrebbe insidiare il Pd dirottando consensi sul suo nome, sul modello-Pisapia a Milano. C'è poi l'ipotesi "estrema" di candidare Massimo Brancato, ex segretario provinciale Fiom che ha seguito passo passo la vicenda Pomigliano. In realtà, sia Sel sia il Pd sembra abbiano provato a convincere il magistrato Raffaele Cantone ma finora senza successo. I vertici romani del partito stanno ancora zitti ma di certo a breve qualcosa accadrà vista la sveglia meneghina.

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Tags Correlati: Amelia Frascaroli | Andrea Cozzolino | Bersani | Bologna | Caritas | DS | Enrico Letta | Giorgio Napolitano | Massimo Brancato | Maurizio Cevenini | Milano | Napoli | Partiti politici | Pd | Raffaele Cantone | Torino | Vendola

 

Infine Torino. Qui le primarie si faranno i primi di febbraio e c'è più tempo. Ma chiarezza, anche qui, zero. Si fa più forte l'ipotesi Piero Fassino soprattutto per la sua capacità di mediare più che dividere. Si parla anche del rettore del Politecnico, Francesco Profumo, mentre tra i vendoliani c'è chi spinge su Giorgio Airaudo, segretario nazionale Fiom.
Intanto a Roma parte l'offensiva anti-primarie. Ha cominciato Marco Follini: «Il culto dei gazebo sta trasformando il Pd in un campo di battaglia per le scorrerie di tutti gli altri portandoci fuori strada». Insomma, fermare le primarie per non sbandare a sinistra. Ma ci sarebbe più di una ragione, come spiega il sociologo bolognese Fausto Anderlini: «Le primarie hanno senso in un Pd maggioritario perché non si dà spazio all'outsider e alle forze minori ma, se si entra in una logica di coalizione con altri, diventano un meccanismo distruttivo. Bersani è entrato in questa contraddizione, dovrebbe toglierle». E il senatore veltroniano Stefano Ceccanti faceva lo stesso ragionamento: «O si rilancia la vocazione maggioritaria o si rinuncia alle primarie e all'ambizione di guidare un'alleanza».
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