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Nella top 50 delle donne manager Emma Marcegaglia è l'unica italiana. La prima? È indiana

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2010 alle ore 12:16.

Emma Marcegaglia è la sola italiana nella classifica del Financial Times delle 50 donne manager più potenti del mondo. L'ad del gruppo Marcegaglia e presidente di Confindustria si piazza al 29° posto. Il Ft, che cita i suoi soprannomi "Lady d'acciaio" e "Black & Decker", sottolinea che è la prima donna a guidare Confindustria nei 100 anni di storia dell'associazione e ricorda che ha criticato apertamente il governo Berlusconi, chiedendo riforme economiche e politiche.

In cima alla lista del Financial Times c'è Indra Nooyi, amministratore delegato di PepsiCo, seguita da Andrea Jung, che guida il colosso della cosmetica Avon Products, Guler Sabanci di Sabanci Group e Irene Rosenfeld di Kraft Foods. Ma le quattro leader, nota il Ft – «sono sotto pressione da parte di new entry e sfidanti che si stanno affermando rapidamente».

«Un numero crescente di donne si sta affermando nei consigli di amministrazione di tutto il mondo», esordisce l'articolo di Andrew Hill, intitolato «Rivoluzione di genere nella sala consiglio». «Considerati gli ostacoli che molte hanno dovuto superare per raggiungere posizioni chiave e la differenza che stanno già facendo nel modo in cui funziona il mondo del business, il loro successo è di per sé motivo di celebrazione. Allo stesso tempo la loro affermazione alimenta le aspirazioni di milioni di donne o ragazze che si vedono come future leader».

Bisogna però tenere a mente, prosegue il Ft, che «in un mondo dominato da dirigenti maschi», le top manager nella Top 50 sono tuttora «una minoranza pionieristica». Tra i giurati che hanno contribuito alla classifica, c'è l'italiano Ferdinando Beccalli-Falco, presidente e Ceo di General Electric International.

L'ascesa della Cina è riflessa nella promozione in classifica di Dong Mingzhu di Gree Electric e di Cheung Yan di Nine Dragons Paper, e dall'inclusione, per la prima volta, di una delle donne più ricche della Cina, Wu Yajun, di Longfor Properties.

Nel profilo di Emma Marcegaglia, il Ft ricorda che nonostante le critiche, Berlusconi l'ha pubblicamente invitata ad accettare il posto di ministro, dopo le dimissioni di Claudio Scajola. In una recente intervista al quotidiano britannico, Marcegaglia aveva detto di se stessa che la sua migliore qualità manageriale era di «assumere le persone giuste».

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Tags Correlati: Angela Ahrendts | Angela F. Braly | Avon | Cina | Claudio Scajola | Daniela Riccardi | Dow Corning | Dupont | Emma Marcegaglia | Ferdinando Beccalli-Falco | General Electric International | Gruppo Editoriale L'Espresso | Güler Sabanci | Indra Nooyi | Italia | Lavoro | Mitie Group | Monica Monardini | Monica Mondardini | New York Times Company | Olivetti | Patrizia Grieco | Procter & Gamble | Renzo Rosso | Telecom | Xerox

 

Altre tre italiane figurano in una seconda lista "alternativa" del Financial Times di 50 donne che hanno potere, ma non sono le numero uno del gruppo. Tra queste, Daniela Riccardi, neo amministratore delegato del gruppo Diesel, controllato da Renzo Rosso, fondatore della casa madre di Diesel, Only The Brave. Poi ci sono Monica Monardini, ad del Gruppo Editoriale L'Espresso, controllato dal gruppo Cir; e Patrizia Grieco, ad di Olivetti, controllata da Telecom Italia.

Oltre a Emma Marcegaglia, sono tra le poche donne che guidano un business in Italia, sottolinea il Ft. «Il solo paese europeo con meno donne in posizioni executive è la Germania». Il Financial Times cita in particolare il caso di Daniela Riccardi, che dopo 25 anni alla Procter & Gamble (era responsabile del gruppo in Cina) ha deciso di passare a Diesel. La sua storia alla Procter & Gamble (che ha molte donne in posti dirigenziali, ma non una donna nel top management team formato da cinque persone) mette in evidenza - secondo il Ft - un tema comune per molte manager sulla lista delle 50 donne "da tenere d'occhio".

Molte donne in un ruolo di leadership, nota il Ft, hanno passato decenni presso organizzazioni globali, in genere con sede negli Usa, che avevano politiche progressiste quando sono entrate negli anni 80. "In cambio sono rimaste leali, arrivando a posizioni senior invece di optare per un posto di amministratore delegato altrove".

Ecco di seguito la classifica stilata dal Financial Times:
1 - Indra Nooyi (PepsiCo) 2 - Andrea Jung (Avon Products) 3 - Güler Sabanci (Sabanci Group) 4 - Irene Rosenfeld (Kraft Foods) 5 - Dong Mingzhu (Gree Electric Appliances Int. Development) 6 - Ursula Burns (Xerox) 7 - Yoshiko Shinohara (Temp Holdings) 8 - Ellen Kullman (DuPont) 9 - Cheung Yan (Nine Dragons Paper) 10 - Patricia A. Woertz (ADM) 11 - Chanda Kochhar (ICICI Bank) 12 - Cynthia Carroll (Anglo American) 13 - Angela Ahrendts (Burberry) 14 - Carol Meyrowitz (TJX) 15 - Anne Lauvergeon (Areva) 16 - Ofra Strauss (Strauss Group) 17 - Gail Kelly (Westpac) 18 - Annika Falkengren (SEB) 19 - Nancy McKinstry (Wolters Kluwer) 20 - Carol Bartz (Yahoo) 21 - Vinita Bali (Britannia Industries) 22 - Stine Bosse (Tryg) 23 - Chua Sock Koong (Singapore Telecommunications) 24 - Nahed Taher (Gulf One Investment Bank) 25 - Ho Ching (Temasek Holdings) 26 - Chu Lam Yiu (Huabao International Holdings) 27 - Li Xiaolin (China Power International Development) 28 - Zhang Xin (Soho China) 29 - Emma Marcegaglia (Marcegaglia) 30 - Monika Ribar (Panalpina) 31 - Ilene Gordon (Corn Products International) 32 - Kate Swann (WH Smith) 33 - Angela F. Braly (WellPoint) 34 - Susan Ivey (Reynolds American) 35 - Ruby McGregor-Smith (Mitie Group) 36 - Lynn Laverty Elsenhans (Sunoco) 37 - Harriet Green (Premier Farnell) 38 - Ines Kolmsee (SKW) 39 - Kiran Mazumdar-Shaw (Biocon) 40 - Janet Robinson (The New York Times Company) 41 - Anita Zucker (InterTech Group) 42 - Stephanie Burns (Dow Corning) 43 - Mindy Grossman (HSN) 44 - Olivia Lum (Hyflux) 45 - Shobhana Bhartia (HT Media) 46 - Laura J. Sen (BJ's Wholesale Club) 47 - Wu Yajun (Longfor Properties) 48 - Shikha Sharma (Axis Bank) 49 - Katherine Garrett-Cox (Alliance Trust) 50

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