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Trafficante estradato, Mosca furiosa

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Questo articolo è stato pubblicato il 17 novembre 2010 alle ore 08:57.

Il "reset" cammina su un filo. Reset, perezagruska, il riavvicinamento tra Stati Uniti e Russia che sabato, al vertice Nato di Lisbona, contava di raccogliere frutti, assicurandosi l'aiuto di Mosca in Afghanistan e una partecipazione allo scudo antimissile europeo. Tra le tante incognite che già erano nell'aria - prima tra tutte un Congresso americano che sarà presto meno disponibile verso i russi - per metterci la coda il diavolo ha scelto il volto di Viktor Bout. Trafficante d'armi e mercante di morte per gli Stati Uniti, innocente imprenditore a Mosca. In carcere in Thailandia dal marzo 2008, il russo Bout è stato estradato ieri, nella notte è atterrato a New York. Già prima di ricevere la notizia, il ministero degli Esteri russo aveva avvertito: questa storia rischia di mandare all'aria il reset.

Per Bout l'America potrebbe voler dire carcere a vita. È accusato di cospirazione con l'intento di uccidere cittadini statunitensi, di acquistare missili anti-aerei, di fornire sostegno a gruppi terroristici. Quando venne arrestato a Bangkok, Bout era caduto nella trappola di agenti americani che si erano finti guerriglieri delle Farc, le forze armate rivoluzionarie colombiane, venuti per trattare una consegna di missili da usare contro elicotteri americani. Mesi e mesi di battaglie legali, di pressioni americane e russe sulla Thailandia per ottenere o contrastare l'estradizione si sono conclusi improvvisamente quando ieri, a tre giorni dalla scadenza dei termini, il governo di Bangkok ha dato il via libera. E Bout, elmetto in testa, giubbotto antiproiettile e cecchini appostati ovunque, è stato condotto in tutta fretta all'aeroporto, dove lo attendeva un charter inviato dagli Usa. La moglie Alla non ha neppure fatto in tempo a salutarlo: «I thailandesi sono marionette degli americani!», ha sbottato.
Né lei né il consolato russo a Bangkok sarebbero stati avvisati, e questo ha alimentato la furia di Mosca. «Da un punto di vista legale quanto è avvenuto non ha alcuna giustificazione - è stata la reazione del ministero degli Esteri dopo qualche ora di gelido silenzio - non c'è dubbio che l'estradizione illegale di Bout è stata una conseguenza di pressioni politiche senza precedenti da parte degli Stati Uniti sul governo e sulle autorità giudiziarie thailandesi». Il ministro, Serghej Lavrov, è poi intervenuto per chiarire che la Russia farà tutto quanto è in suo potere per sostenere Bout.

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La reazione di Mosca - e le possibili ricadute sui rapporti con Washington - sono direttamente proporzionali al peso delle informazioni compromettenti che Bout potrebbe essere costretto a "passare" agli americani: per questo la prima richiesta agli Usa è di permettere a diplomatici russi di assistere agli interrogatori. In 15 anni trascorsi a dirigere carichi dall'Est Europa al Medio Oriente o all'Africa, Bout potrebbe aver coltivato legami con personaggi importanti all'ombra del Cremlino, o soddisfatto contratti proibiti da sanzioni. La sua biografia di spedizioniere in affari dal Rwanda all'Afghanistan alimenta ipotesi di ogni genere, anche dando per buone le sue smentite e scartando la possibilità che in tempi sovietici Bout sia stato agente del Gru - i servizi segreti militari - o che abbia trasportato carichi per al-Qaeda. Per anni, accusa Amnesty International, la sua rete di compagnie cargo ha prosperato consegnando armi a dittatori e signori della guerra. Non è un caso che già nel 2005 la vita di Bout abbia ispirato un film, «Lord of War», con Nicholas Cage impegnato a trafficare armi con un dittatore-parodia di Charles Taylor, ex presidente liberiano oggi sotto processo all'Aja per crimini contro l'umanità.
Di tutto questo, nel proprio sito personale Bout conferma solo di aver lavorato come interprete militare in Angola, paese legato anche al passato di un ex agente e ora potente di Russia, il vicepremier Igor Sechin. Ma il suo lavoro, afferma, si è sempre svolto nella legalità. Intanto a Mosca, ascoltando le notizie da Bangkok la Duma ha rispolverato i toni della guerra fredda: «Il peso politico della Russia si è rivelato insufficiente a convincere la Thailandia - ha detto il deputato Ghennadij Gudkov - il peso degli Usa si è dimostrato superiore, e la Russia ha perso». A cuore dei deputati, probabilmente più della sorte di Bout, sta l'importanza di un paese che non accetta di sentirsi inferiore. Che sullo scenario internazionale è alla ricerca di quella considerazione che si può perseguire in due modi, attraverso la collaborazione o il confronto.

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