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Premier a caccia di nove deputati Pannella tratta: da noi sei voti

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2010 alle ore 06:37.


ROMA.
«Sembra di stare a Wall Street non nel Parlamento di una repubblica democratica». È il deputato Fli Aldo Di Biagio a descrivere con efficacia l'aria che si respira a Montecitorio. Trattative continue in tutte le direzioni. Qui è il Pdl a muovere vigorosamente le contrattazioni: a quota 307 deputati dopo l'ultimo trasloco di Giuseppe Angeli, il pentito di Fli tornato al Pdl, la maggioranza formata da Popolo della libertà, Lega, Noi Sud-Pid e Pri-Adc, deve conquistare nove voti per tagliare il traguardo di 316 seggi necessari per il quorum. Voti che scendono a sei se l'ex Api Bruno Cesario, il liberaldemocratico Maurizio Grassano e l'ex pd Massimo Calearo, che di recente hanno espresso sostegno al governo, resteranno fedeli. In aiuto di Silvio Berlusconi potrebbe poi arrivare il drappello dei sei deputati radicali che siedono nel gruppo pd. È stato lo stesso leader Marco Pannella ad aprire uno spiraglio ma a precise condizioni: «Quando si riconosce carattere e dignità di interlocutore politico al più antico partito nato in Italia, che sia Bersani, Berlusconi, Bossi o Di Pietro, noi riteniamo non solamente utile ma anche necessario un dialogo costruttivo sull'immediato e sulle prospettive».
I boatos da Montecitorio danno poi Dore Misuraca (deputato pdl vicino a Gianfranco Miccichè) sempre più tentato dal passaggio all'Udc; percorso inverso per Ferdinando Latteri dell'Mpa che potrebbe passare al Pdl o almeno offrire la disponibilità a un voto di sostegno al governo. Sarebbe inoltre in corso un pressing fortissimo di Noi Sud su tutto il gruppo dell'Mpa per portare altri parlamentari nell'alveo Pdl. I parlamentari più vicini al premier scommettono inoltre sulla marcia indietro di altri deputati Fli, eventualità che i finiani invece rigettano con forza. Pur escludendo un passaggio di campo, ieri qualche deputato futurista ha lasciato intravedere la possibilità di un voto non contrario al governo. «Non ho ancora deciso quello che devo fare – argomenta ad esempio Giuseppe Consolo –: dipende molto da quello che Fli deciderà di votare su determinate questioni». «Noi non siamo una caserma – aggiunge bollando come «baggianate» le voci che lo danno tra i «calciatori in vendita» –, siamo allineati per stima, affetto e amicizia a Fini ma non prendiamo ordini». E il collega di partito Giampiero Catone gli fa eco: «Se come gruppo di Fli votiamo una mozione di sfiducia siamo d'accordo ma bisogna prima sapere cosa accade. Ci deve essere qualunque tipo di accordo prima di votarla, ma al buio non si può andare». Sia Catone che Consolo si dicono prontissimi a votare un Berlusconi bis se si passasse dalle dimissioni del premier. Diverso, ma pur sempre in movimento, lo scenario al Senato. Qui Pdl e Lega possono contare su 160 voti sufficienti per ottenere la fiducia mentre Fli rimane arroccato ai suoi 10 seggi. Per questo, anche Fini si sta rimboccando le maniche per tentare di ingrossare le truppe e di sfilare seggi al Pdl. Ieri, nel suo studio di Montecitorio, ha ricevuto Piergiorgio Massidda reduce da un incontro con il premier avuto solo qualche giorno fa. Per ora nessuna decisione. «Fino al 14 dicembre c'è tempo» si sarebbe lasciato sfuggire lasciando la Camera.

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