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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2010 alle ore 08:58.
ROMA - Il videomessaggio di Gianfranco Fini arriva a metà pomeriggio. Il presidente della Camera e leader di Fli si rivolge al suo popolo, a quello che a Perugia gli ha tributato una standing ovation quando ha chiesto a Silvio Berlusconi di rassegnare le dimissioni. Questa volta però, nei cinque minuti di intervento on line, la parola «dimissioni» Fini non la pronuncia mai: «Nel grave momento che stiamo attraversando serve la massima responsabilità in primis da parte di chi ha l'onore e l'onere di governare e deve onorare questo impegno attraverso l'agenda di governo.
Vedremo nei prossimi giorni cosa accadrà», dice il presidente della Camera. Parole che qualcuno interpreta come una «frenata», tant'è che poco dopo dai suoi uffici a Montecitorio rilancia una «interpretazione autentica». L'invito alla responsabilità vale per tutti, anche per Fli, ma anzitutto – sostiene Fini – «per il premier, per quel che farà fino al 13 dicembre e per quel che dirà in Parlamento in quell'occasione».
Una dichiarazioni criptica. Fini da una parte rilancia le sue parole d'ordine sulla nuova destra legalitaria e liberale contenute nel manifesto presentato a Bastia Umbra e sul quale conta di raccogliere entro metà gennaio «100mila» firme, dall'altro però, con quell'appello alla «responsabilità», «all'agenda di governo» sembra voler riaprire all'ipotesi di un Berlusconi bis.
Un'ipotesi che invece nei giorni scorsi era stata scartata. Che cosa è cambiato? Silvio Berlusconi è convinto di avere i numeri per superare la fiducia anche alla Camera, nonostante Fli. Forse non arriverà alla maggioranza assoluta, a quota 316, ma grazie a qualche «provvidenziale assenza», che abbasserebbe il quorum, e alla campagna acquisti nel gruppo misto (oggi verrà annunciato il passaggio del libdem Maurizio Grassano) il premier potrebbe riuscire a sfangarla. Almeno così andavano sostenendo ieri i berluscones.
Ma a questo punto entra in scena Umberto Bossi. Anche il leader della Lega è convinto che «Berlusconi ce la farà» ma per il Senatur non cambia niente: «Stringi, stringi è sempre meglio andare a votare. Con le elezioni ci pensa il popolo a raddrizzare il governo». Non è la prima volta che Bossi lo dice. Ma il fatto che si pronunci in modo così drastico certo non aiuta il Cavaliere. Il partito del non voto, resta infatti molto forte. Chi sceglie di cambiare casacca lo fa in molti casi proprio per garantirsi il proseguimento della legislatura. Perché Bossi allora insiste? La Lega teme di venir risucchiata nel logoramento del governo e avverte tutti, in primis il Cavaliere, che non è disponibile a farvisi trascinare.