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Questo articolo è stato pubblicato il 22 novembre 2010 alle ore 15:35.
MOSCA - Il premier cinese, Wen Jiabao, arriva oggi nella capitale russa su invito del collega russo, Vladimir Putin, per proseguire i colloqui sull'intensificazione degli interscambi economici e commerciali tra i due paesi vicini. A margine degli incontri con Putin e con il presidente russo, Dmitrij Medvedev, sarà firmato un «impressionante» pacchetto di accordi intergovernativi, ministeriali e commerciali, che nel 2011 dovrebbero permettere di portare il commercio bilaterale a quota 70 miliardi di dollari l'anno. «Il commercio russo-cinese si sta riprendendo dalla crisi finanziaria globale. Nei primi 10 mesi del 2010 il volume degli interscambi commerciali è salito a 45,1 miliardi di dollari, ovvero il 43,4% in più rispetto ai risultati registrati nel corrispondente periodo del 2009»; ha dichiarato Sun Junfu, rappresentante del ministero del Commercio cinese, secondo cui alla fine dell'anno corrente il commercio bilaterale supererà quota "psicologica" di 50 miliardi di dollari.
Uno dei temi centrali dei colloqui di Wen Jiabao con i vertici del Cremlino, sarà il prezzo del gas che la Russia vuole esportare verso la Cina. Come ha dichiarato l'ambasciatore della Cina a Mosca, Gu Tzun, «entrambi le parti sono fortemente intenzionate a raggiungere finalmente un compromesso costruttivo sul prezzo del gas siberiano». Per molti analisti sarà un'impresa ardua: la differenza tra il prezzo che chiede la Russia e quello che la Cina è disposta a pagare raggiunge ancora 100 dollari per mille metri cubi. Tra le soluzioni proposte dal Cremlino è l'estensione dei gasdotti cinesi fino al territorio della Corea del Sud che permetterà alla Russia di avviare le esportazioni dirette di combustibile blu verso i paesi del sud-est asiatico.
Un altro argomento delicato è legato alla produzione contraffatta in Cina degli armamenti russi, in primo luogo degli aerei da combattimento Mig e Sukhoj. Nonostante Pechino sia ancora il maggiore cliente dell'industria per la difesa russa, i volumi delle esportazioni della tecnica militare e degli armamenti diminuiscono di anno in anno. «La Cina non vuole più importare gli aerei russi, acquistando invece motori e altri importanti componenti, un trend che non può non preoccupare i produttori russi», ha sottolineato Serghej Kornev, rappresentante di Rosoboronexport, il monopolio statale russo per l'export degli armamenti. La produzione contraffatta nel mondo degli armamenti russi reca a Mosca danni economici stimati in sei miliardi di dollari l'anno.