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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2010 alle ore 08:29.
L'ultima modifica è del 23 novembre 2010 alle ore 06:39.
Nuovo nome e nuovo simbolo, accompagnati da un'operazione di completo restyling in stile «predellino». Il Pdl, secondo i rumors provenienti da Palazzo Grazioli, avrebbe le ore contate indipendentemente dalla possibilità giuridica di usare nome e simbolo. Troppo legato all'immagine del suo ex cofondatore Gianfranco Fini, troppo vecchio nel nuovo contesto politico. Insomma, indigesto a Silvio Berlusconi che starebbe studiando il suo superamento in vista di probabili elezioni anticipate.
Così si spiegherebbe l'intensificarsi negli ultimi giorni di incontri tra il Cavaliere e gli uomini che lo affiancarono ai tempi della prima e vittoriosa campagna elettorale del 1994: da Claudio Scajola ad Antonio Martino e Giuseppe Moles. Non a caso, i tre esponenti Pdl hanno da poco lanciato la fondazione "Cristoforo Colombo" per rilanciare lo "spirito del partito azzurro".
Il desiderio di Silvio Berlusconi di tagliare nettamente con il recente passato, fatto di scontri e polemiche dentro al partito è dunque forte, ma si scontra con inconvenienti pratici: «Un conto è andare ad elezioni tra un anno, nel qual caso sarebbe ipotizzabile lanciare un restyling – dicono gli esperti elettorali del partito –, un altro è andare al voto fra tre mesi con tutte le difficoltà legate alla necessità di far conoscere un nuovo simbolo e un nuovo nome all'elettorato in tempi troppo brevi». Eppure uomini vicini al premier come il vicepresidente dei senatori pdl Gaetano Quagliariello vedono l'operazione con estremo ottimismo: «Nel '94 quando Forza Italia ha vinto le elezioni aveva lanciato il simbolo da pochi mesi, la stessa Polverini ha vinto nel Lazio senza il marchio Pdl. Non siamo più ai tempi di "Vota comunista in alto nella lista"».
Esiste però un altro e più "pesante" ostacolo, tutto politico. È il no netto degli ex An rimasti nel Pdl. «Io il simbolo lo trovo efficace – si affretta a comunicare Ignazio La Russa –. Anzi, ricordo che una volta Bossi disse che è una delle cose che invidia al Pdl». E Maurizio Gasparri taglia corto: «Il tema non esiste». Trapela insomma l'insofferenza e il timore che il Cavaliere possa tornare a un partito formato "Forza Italia", ipotesi legata alla voce secondo cui Claudio Scajola starebbe per tornare a dirigere il dipartimento elettorale del Pdl, ora nelle mani del fedelissimo Ignazio Abrignani.
Nel partito sembra essere scattata la corsa a serrare i ranghi ed evitare nuove divisioni. Lo confermano le parole di Nunzia De Girolamo, deputata campana vicina al premier: «Se dovesse cambiare, Berlusconi potrebbe tornare allo spirito del '94 ma non allo stesso format. Lui crede molto nell'anima del Pdl come fusione di Forza Italia e Alleanza nazionale, dunque escludo un ritorno a Fi, vedo invece possibile una rifondazione del partito che superi le quote 30-70».
Più o meno nella stessa direzione la linea indicata da Quagliariello: «Non c'è nulla di vero nelle intenzioni attribuite a Berlusconi della fondazione di un nuovo partito e tanto meno di un ritorno indietro. L'idea che è alla base del Pdl, costruire il grande partito di tutti i moderati italiani, resta valida. Anzi, dopo l'uscita dei finiani, si pone il problema di come coinvolgere in questo progetto nuovi settori di ceto politico e di opinione pubblica che oggi si trovano senza collocazione perché traditi dalla sinistra moderata e dal centro. Se a questo progetto corrisponderà la necessità di un restyling del simbolo e della sigla lo si vedrà tutti insieme, ma nessuna nostalgia del passato». Insomma nuovo logo sì, ma senza imbarazzanti ritorni a 16 anni fa.