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Questo articolo è stato pubblicato il 23 novembre 2010 alle ore 08:17.
L'ultima modifica è del 23 novembre 2010 alle ore 06:39.
Più ci si avvicina al fatidico 14 dicembre, e mancano ancora una ventina di giorni, più crescono le ansie e i dubbi. Quasi tutti sono convinti che la legislatura è a fine corsa e che si va incontro alle elezioni, ma pochi lo ammettono. Per evidenti ragioni tattiche si preferisce mostrarsi preoccupati e riversare sull'avversario l'onore di certificare la crisi. Di conseguenza il tema della «responsabilità nazionale», più volte evocato dal presidente della Repubblica, è declinato nei modi più diversi a seconda dei soggetti.
Per Berlusconi, «responsabilità» significa ottenere la fiducia il 14. Ma dovrà essere ampia e convincente, ipotesi poco realistica. Altrimenti, se i voti di maggioranza alla Camera saranno appena due o tre, Pdl e Lega troveranno il modo di affrettarsi verso il voto anticipato. L'ultima parola, è ovvio, spetterà a Napolitano: e infatti quello che davvero interessa a Berlusconi è dimostrare al capo dello Stato che non esiste un'altra maggioranza parlamentare.
Per Casini, che nelle ultime ore ha ottenuto il centro della scena grazie a un certo dinamismo, «responsabilità» significa dirsi disponibile a negoziare con la maggioranza un «esecutivo di armistizio». Il leader dell'Udc è stato rapido nel raccogliere le preoccupazioni del mondo economico per il non-governo del paese, ma è difficile che la sua iniziativa possa sfociare in qualche risultato concreto. Chiedere «a Berlusconi di essere un po' meno Berlusconi», come ha chiosato con ironia Follini, è utopistico. E di sicuro la Lega ha poca voglia di vedere il suo potere annacquato da un partito che ha votato contro il federalismo.
Senza dubbio Casini, che non si affaccia oggi alla politica, è il primo a saperlo. E infatti la mossa nasce da un'esigenza tattica. L'Udc toglie visibilità a Fini nel momento in cui il presidente della Camera è, come si usa dire, in mezzo al guado. E ribadisce una linea centrista che tornerà utile in seguito, a seconda delle circostanze. Non ora, perché il governo Berlusconi-bis non è mai stato così lontano.
Anche il leader di «Futuro e Libertà» parla di responsabilità nazionale. È un modo per spingere il presidente del Consiglio a rassegnare le dimissioni prima del 14, così da evitare al gruppo finiano della Camera il rischio di votare la sfiducia, lacerandosi, oppure di rinunciare, accettando la sconfitta politica. Allo stato delle cose, il premier non ha alcuna intenzione di seguire questo consiglio, a meno di qualche clamoroso colpo di scena - come tale imprevedibile - in grado di rovesciare il tavolo.