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A Dublino 50.000 in piazza tra rabbia e speranze

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2010 alle ore 16:54.

«For a better, fairer way». È per una via migliore, più giusta, che l'Irlanda è scesa in piazza a Dublino per protestare contro il piano di austerity proposto dal governo e contro i termini imposti per gli aiuti dell'Unione europea e del Fondo monetario internazionale.
Nel cuore pulsante della città, lungo il percorso da Woodquay fino all'elegante General Post Office di O'Connell street, circa 50.000 persone hanno marciato sfidando il freddo tagliente e la neve. Niente ha fermato i coraggiosi irlandesi che hanno aderito in massa, affollando alcune vie storiche della città in maniera civile e composta. Un fiume di persone con in bocca un fischietto e in mano il proprio cartello "fatto in casa" e preparato per l'occasione.

C'è chi si è vestito da Babbo Natale con una gigantesca lista dei "cattivi", ovvero politici e banchieri artefici del dissesto finanziario. Ci sono anche gruppi estremisti, giovani che girano a volto coperto; ma subito dietro si intravedono una madre e dei bambini che giocano e ballano al ritmo delle cornamuse e dei tamburi. Non è solo una protesta, ma anche una festa per dire che l'Irlanda c'è e gli irlandesi sono "not subjects, but citizens", cittadini con dei diritti e una dignità che non può essere svenduta a nessuno.

E il principale bersaglio delle recriminazioni popolari è proprio il primo ministro Brian Cowen, leader del partito Fianna Fáil, raffigurato nei cartelli come un clown e considerato tra i responsabili del fallimento della nazione (in inglese fallimento si traduce "failure", da qui le tante scritte "Fáilure", per criticare il partito al governo).

La marcia, partita nei pressi della storica Christchurch, costruita nel 1171, è proseguita lungo il fiume Liffey, che taglia in due la città, per poi giungere al General Post Office, davanti alla statua di James "Big Jim" Larkin, storico sindacalista che si è sempre battuto per i diritti dei lavoratori. In quel punto, sul palco montato dai sindacati delle Irish Congress of Trade Unions (Ictu), si sono alternati politici, giornalisti, ma anche operai che hanno perso il posto di lavoro e cantanti folk che con ironia hanno riscaldato la folla e hanno ricordato che c'è ancora speranza. Durante il suo intervento, la rappresentante di un'associazione di categoria ha dato alla folla il numero di telefono del ministro dello Sviluppo John Gormley, incitando tutti a chiamarlo «il più spesso possibile».

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Tags Correlati: Brian Cowen | Dublino | Fianna Fáil | Fmi | Irish Congress of Trade Unions | John Gormley | Musica |

 

C'era commozione negli occhi dei più anziani che hanno fatto un lungo viaggio da altre provincie. C'era l'entusiasmo e la voglia di cambiare nei volti dei giovani. E, in tutti, la voglia di sentirsi ancora un popolo libero.

Ma leggendo nei visi si poteva scoprire la rabbia dei cittadini che saranno costretti a pagare per colpe non proprie. Le famiglie dovranno fare sacrifici di fronte a forti aumenti delle tasse dirette e indirette, gli anziani vedranno le proprie pensioni e i sussidi sanitari decurtati, le scuole avranno a disposizione meno fondi per l'istruzione, i giovani dovranno far fronte a un pesante incremento della disoccupazione, con i tagli dei contributi previdenziali per chi non avrà più un lavoro. «We have enough», «ne abbiamo abbastanza», hanno detto in tanti.

E tutto questo accade poco prima dell'anniversario della proclamazione dello Stato libero d'Irlanda del 6 dicembre 1922, mentre proprio il 7 dicembre sarà il giorno della verità in cui il Parlamento deciderà se approvare o meno il pacchetto anticrisi. Proprio questo anniversario potrebbe essere il giorno del martirio delle speranze irlandesi di uscire dalla crisi e di poter scegliere «for a better, fairer way».

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