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La lotta al terrore secondo WikiLeaks: i missili dell'Iran, il whisky yemenita e la valigia da 52 milioni

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2010 alle ore 20:35.

La guerra al terrorismo vista dal buco della serratura, o quasi. I file della diplomazia americana pubblicati da WikiLeaks, passati al setaccio dal New York Times, offrono una ricostruzione lontana anni luce dalle dichiarazioni ufficiali. Alleati riluttanti o inaffidabili, valigie piene di dollari, depositi di materiali radioattivi da tenere sotto sorveglianza.

I missili iraniani verso l'Europa. Secondo il responsabile del Pentagono, Robert Gates, un attacco all'Iran potrebbe solo ritardare di un periodo da uno a tre anni il momento in cui il regime degli ayatollah entrerà in possesso della bomba atomica. Gli stessi file di WikiLeaks rivelano che l'Iran ha ottenuto sofisticati missili dalla Corea del Nord in grado di colpire l'Europa occidentale.

L'uranio in Pakistan. Dal 2007 gli Stati Uniti hanno avviato un'iniziativa segreta – e fin qui infruttuosa – per rimuovere da un reattore nucleare in Pakistan un quantitativo di uranio altamente arricchito che potrebbe essere utilizzato dai terroristi. Nel 2009 – scrive a Washington l'ambasciatore Anne W. Patterson – i pakistani hanno impedito ai tecnici americani di accedere al sito, adducendo una motivazione quanto meno curiosa: «Se la stampa locale sapesse della rimozione del combustibile nucleare, certamente presenterebbe la cosa come se gli Stati Uniti stessero portando via le armi nucleari del Pakistan».

Una valigia da 52 milioni di dollari. Quando l'anno scorso il vicepresidente dell'Afghanistan, Ahmed Zia Massoud, visitò gli Emirati Arabi Uniti, le autorità locali scoprirono che portava con sé 52 milioni di dollari in contanti. Una comunicazione dall'ambasciata americana di Kabul parla di «una somma significativa» che il politico afghano potè conservare senza dover rivelare né l'origine né la destinazione del denaro. Peraltro, riferisce il New York Times, Massoud nega decisamente di aver esportato i capitali dall'Afghanistan.

Un detenuto per incontrare Obama. Pur di svuotare il campo di detenzione di Guantanamo, spedendo i detenuti accusati di terrorismo in altri paesi, l'amministrazione americana ha tentato una serie di scambi. Alla Slovenia, ad esempio, è stato proposto di accogliere un detenuto in cambio di un incontro con il presidente Obama. Allo stato di Kiribati – un arcipelago nel Pacifico – sono stati offerti incentivi per milioni di dollari. Mentre al Belgio la possibilità di accogliere i priogionieri è stata presentata com un «modo a buon mercato per acquisire rilevanza in Europa».

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Tags Correlati: Afghanistan | Ahmed Zia Massoud | Ali Adbullah | Al Qaeda | Anne W. Patterson | David Petraeus | Europa | Medio Oriente | Misure di sicurezza | Oceano Pacifico | Pakistan | Pubblica Amministrazione | Robert Gates | Stati Uniti d'America |

 

Il whisky di Saleh. Uno dei documenti esaminati dal New York Times ricostruisce un incontro tra il presidente dello Yemen, Ali Adbullah Saleh, e il generale americano David Petraeus, comandante delle truppe americane in Medio Oriente. «Continueremo a dire che le bombe sono nostre, non vostre», dice Saleh a Petraeus, rassicurandolo sul fatto che il governo yemenita continuerà a "coprire" le incursioni americane contro i terroristi attivi nel proprio territorio. Saleh nell'incontro sembra di ottimo umore, scherza dicendo di aver «appena mentito» al proprio parlamento sugli attacchi condotti dagli americani e si lamenta del contrabbando da Gibuti. Quello che lo preoccupa sono le armi e la droga, ma non il whisky. «A patto che sia di quello buono», aggiunge Saleh.

Soldi sauditi per Al Qaeda. I ricchi donatori originari dell'Arabia Saudita – secondo la ricostruzione del New York Times – restano i principali finanziatori dei gruppi combattenti sunniti, come Al Qaeda. Mentre il Qatar, che ospita da anni basi americane, è il «peggiore nella regione» quanto a impegno nella lotta al terrorismo. Secondo una comunicazione del dipartimento di Stato americano dello scorso dicembre, i servizi di sicurezza del paese sono «esitanti ad agire contro terroristi ben conosciuti, per paura di sembrare allineati agli Usa e provocare rappresaglie».

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