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Mike, dalla bolla del mattone ai debiti

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Questo articolo è stato pubblicato il 28 novembre 2010 alle ore 06:36.


DUBLINO. Dal nostro inviato
Con la mano destra taglia l'ultimo filo elettrico, con quella sinistra aggiusta la luminaria. «Un po' più in là... Sì così... Le pare che vada bene?». Sì, Mike, le luci vanno bene. Mister Wallace sorride, inforca la scala e scende a terra rimirando dal basso gli addobbi del magro Natale di Dublino. Cinghia stretta per tutti, soprattutto per lui, builder irlandese, vil razza dannata in questi giorni. Eccolo qui un costruttore, uno di quelli che hanno cambiato il volto alla città di James Joyce concentrandosi sulle due rive del Liffey, secondo il vecchio adagio dell'immobiliarista, location, location, location. «E avevo ragione, quello che mi è rimasto almeno lo affitto e giro gli incassi alle banche». Tutti? «Tutti, o quasi». Mike Wallace, 55 anni, capello bianco lungo fino alle spalle, orecchino a forma di corno arancione, mani callose e testa fine è passato dall'opulenza di un patrimonio da cento e più milioni di euro, prodotto da aziende che impiegavano 260 persone, a un debito di quaranta. Gli restano 75 immobili, fra negozi, abitazioni, uffici e lotti di terra, ha wine bar e una squadra di calcio di Wexford Youths. Tutto ciò e molto altro rendeva, oggi è una zavorra di debito che lo trascina giù. «Non sono ancora fallito. Le banche non si sono ancora rivoltate contro di me, ma hanno incominciato con i più grandi costruttori. I Mc Namara, i Dunne, i Carroll». Nomi che escono dall'epopea dell'emigrazione irlandese, come il suo, Wallace, che è appena più in giù nella lista nera degli istituti di credito.
Aspetta la sua ora e intanto fatica, come fa da quando aveva 16 anni, figlio con 11 fratelli di un macellaio di Wexford, arrivato a Dublino per lavorare e studiare. «Facevo il manovale e andavo all'università. Mi sono laureato di notte e ho costruito case di giorno. A 35 anni avevo l'appalto per rifare le strade del centro e ho cominciato, anzi abbiamo - precisa guardando il partner di sempre, Ed Carroll, con il quale condivide la congiuntura triste e, in questi istanti, una pentola di tagliatelle con le cime di rapa - cominciato a comprare terreni. Nel 1997 con 250mila euro si prendeva un quarto di ettaro nel centro, qui attorno. Dopo due anni di pratiche burocratiche tutti i permessi erano pronti e si poteva costruire. Il gioco era semplice si comprava e si alzavano palazzi, con i danari del primo si prendeva altra terra e via in un crescendo senza fine. Almeno così pareva».

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Pareva, in realtà, assai poco normale. «Nel 2005 i lotti che nel 1997 costavano 250mila euro non andavano via a meno di 5 milioni, venti volte tanto». Un'ebbrezza che le banche alimentavano. «C'erano sempre mutui pronti, al 100% del valore, ci chiamavano a casa per prestarci quattrini». La tentazione era troppa e il miraggio di una lotteria continua ha finito per cancellare dalla memoria di Mike anche i giorni duri di Wexford quando si dovevano mettere a tavola dodici bocche, in linea per pasti caldi e abbondanti.
«Quanto guadagnavo allora? Non lo so, sinceramente non lo so. Da ogni progetto mi restavano attaccati cinque, anche dieci milioni. Oggi gli immobili valgono meno della metà di prima e un lotto acquistato a dieci milioni non si vende nemmeno a due. Se sei di fretta perché le banche ti sono addosso, lo liquidi per uno». Se qualcuno lo compra. «Appunto». La forchetta infilza una cima di rapa, la bocca si sciacqua con un mezzo bicchiere di barbera d'Alba. «Lo importo io, un altro dei business che cerco di salvare», aggiunge scandendo a voce alta il motto stampato sulla bottiglia. «La vita è breve, lavora duro, divertiti molto». Mike Wallace ha lavorato, si è divertito e nell'incedere a razzo nella prima, abbondante metà della sua vita, ha bruciato due mogli e messo al mondo quattro figli. «Oggi dormo solo, le donne mi costano troppo». Alè con il barbera e la passione per pallone e Italia. «Tifo Toro, appena posso vado in Piemonte dove ho anche un pezzetto di terra per fare buon vino».
Forse finirà lì, fra le brume piemontesi a cercare tartufi. «Forse, non si sa mai. Tutti qui dicono che il peggio è passato che gli 85 miliardi di Fondo monetario e Ue basteranno, ma non è vero. I maggiori costruttori hanno voragini da un miliardo di euro ciascuno. E quelli esposti con palazzi in periferia non riescono nemmeno ad affittarli. Le banche succhieranno anche questi nuovi aiuti internazionali, per poi far sapere al mondo che ce ne vogliono altri. Vedrà se fra 18 mesi non saremo ancora qui a parlarne. Magari solo lei, perché i tartufi potrebbero davvero aspettarmi». Mike finisce le cime di rapa, svuota l'ultimo bicchiere e urla. «Ed passami il filo elettrico, Ed...». È Natale anche a Dublino.
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