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Questo articolo è stato pubblicato il 29 novembre 2010 alle ore 06:37.
L'Italia è pronta ancora una volta a battersi per la difesa del clima globale – avverte Stefania Prestigacomo, ministro dell'Ambiente – ma non accetterà sovraccosti inutili, che peggiorino la competitività.
Ministro Prestigiacono, quale posizione terrà l'Europa a Cancun?
L'Europa rivendica una leadership "morale" nella lotta ai cambiamenti climatici. Prova ne è che ha assunto, con il famoso pacchetto 20-20-20, impegni di riduzione delle emissioni superiori a tutti gli altri paesi del mondo industrializzato. Purtroppo a Copenaghen tale leadership non è stata riconosciuta dagli altri paesi grandi produttori di CO2, Cina e Stati Uniti in primo luogo, e il negoziato è andato come sappiamo. Spero che a Cancun si faccia tesoro dell'esperienza negativa dello scorso anno e l'Ue possa far valere in maniera più efficace una posizione di grande impegno con elasticità e duttilità, rifuggendo da irrigidimenti che, abbiamo visto, non hanno dato alcun risultato. Non depone bene la disponibilità già da tempo manifestata dalla Ue a sottoscrivere un secondo periodo di impegno di Kyoto, senza tenere nella dovuta considerazione il rischio concreto di trovarsi pressoché isolata su tale scelta, dal momento che Giappone e Russia hanno più volte apertamente dichiarato di non essere disponibili ad aderire ad un Kyoto 2.
L'Italia condivide appieno questa posizione comune?
Per quanto riguarda Kyoto 2, l'Italia ha già detto chiaramente e in tutte le sedi che non è disposta ad assumere ulteriori impegni in uno schema, quello di Kyoto, di cui gli Usa non fanno parte (non avendo mai ratificato il trattato) e che non prevede alcun tipo di impegno per paesi come Cina e India, su cui oggi grava la responsabilità della crescita delle emissioni globali. Sia chiaro: l'Italia, non è pregiudizialmente contraria ad assumere eventualmente nuovi impegni per poter giungere a un esito positivo; ma ritiene che le eventuali "concessioni" debbano essere fatte solo in caso di precisi "ritorni" in termini di negoziali e non con il solo scopo di contribuire a costruire un quanto mai vago "clima di fiducia tra le parti". È u una posizione chiara, che vale per Kyoto 2 come per l'ipotizzato passaggio a riduzioni di CO2 unilaterali dal 20% al 30% da parte europea. Siamo disposti a sacrifici se c'è un risultato utile per il clima e per un sistema globale di economia sostenibile. Non accetteremo invece ulteriori oneri inutili per fronteggiare l'effetto serra e capaci di intaccare la nostra competitività.