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Fini: il 14 sarà sfiducia, cambiare il Porcellum prima delle elezioni

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 novembre 2010 alle ore 06:39.


ROMA
Si è presentato da presidente della Camera e non da leader di Futuro e libertà, ma inevitabilmente l'attualità politica ha preso il sopravvento: «Se non interverranno novità il 14 dicembre voteremo la sfiducia al presidente del consiglio». Gianfranco Fini non ci gira troppo attorno. Davanti a una platea composta soprattutto da imprenditori, il leader di Fli, ieri a Milano per partecipare prima alla presentazione dei risultati della ricerca del club Ambrosetti sulle riforme istituzionali e poi a un workshop organizzato dall'associazione "Comunicare, il futuro del fare", conferma che «se di qui al 13 dicembre – quando Silvio Berlusconi interverrà in Parlamento – non si manifesterà uno scatto d'iniziativa da parte del premier su alcune priorità, prima fra tutte un intervento deciso a sostegno della crescita», i deputati e senatori di Futuro e libertà toglieranno l'appoggio al governo. Ma c'è un altro punto su cui il presidente della Camera è tornato con forza: il cambiamento della legge elettorale, vera e propria conditio sine qua non prima di tornare alle urne. Concetti che ha poi ribadito, non appena rientrato a Roma, nella riunione con i vertici di Fli. «Solo se Berlusconi proporrà una svolta sull'economia e un intervento deciso sulla riforma elettorale potremmo non presentare la mozione di sfiducia» ha aggiunto il presidente della Camera.
Fini dunque non arretra. L'annunciato voto a favore di Fli alla riforma dell'università, all'esame oggi della Camera, e il passo indietro del governo sulla riforma della giustizia, che verrà probabilmente portata in consiglio dei ministri solo dopo il voto di fiducia, non sono segnali sufficienti a far presagire un miglioramento del clima ma vanno interpretati su ambo i fronti come mere mosse tattiche. La promozione a pieni voti da parte di Fini della riforma dell'università, definita il miglior provvedimento della legislatura, è anche un modo per manifestare la volontà di collaborare con l'ala più moderata del Pdl, di cui il ministro Gelmini è tra i principali esponenti, e anche di venire incontro all'invito espresso nei giorni scorsi dal Quirinale per un rapido varo del provvedimento. Allo stesso tempo, la decisione di Berlusconi di soprassedere sul pacchetto giustizia è molto probabilmente legata solo ad evitare che i finiani possano utilizzare in modo strumentale l'iniziativa dell'esecutivo. In realtà sembra che tutti siano già in piena campagna elettorale. Anche i ripetuti interventi di Fini nelle regioni del Centro-Nord ne sono la conferma.

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Tags Correlati: Ambrosetti | Camera dei deputati | Comunicare | Consiglio dei Ministri | Elezioni | Francesco Profumo | Gabriele Albertini | Gianfranco Fini | Lega | Letizia Moratti | Lombardia | PDL | Piemonte | Piero Fassino | Sergio Chiamparino | Silvio Berlusconi

 

Futuro e libertà aspira a essere un partito a vocazione nazionale. E nonostante abbia nel Sud il maggior bacino elettorale, punta con decisione a raccogliere al Nord le preferenze di quanti non sono rimasti incantati da Bossi ma cercano risposte a quei problemi reali a cui finora solo la Lega è riuscita a dare risposta.
Ecco perché non è un caso che Fini torni spesso al Nord (la prossima settimana sarà in Veneto) e che proprio a Milano si terrà a gennaio il congresso fondativo di Futuro e libertà. In Lombardia del resto c'è la maggiore concentrazione di circoli di Generazione Italia (oltre 200) e qui si giocherà nella prossima primavera la partita sul nuovo sindaco. Una possibile cordata a sostegno dell'ex primo cittadino Gabriele Albertini è sempre in ballo e non fa dormire sogni tranquilli a Letizia Moratti e al Pdl. Perfino in Piemonte, a Torino, la scelta di Fini potrebbe rivelarsi determinante. Qui a partire favorito è certamente il candidato del centro-sinistra. Ma la rinuncia del rettore del Politecnico Francesco Profumo e la probabile candidatura di Piero Fassino quale successore di Sergio Chiamparino, accompagnata dalle difficoltà del Pdl di trovare un candidato forte, lasciano alla pattuglia finiana spazi per ritagliarsi sempre più il ruolo di terzo incomodo.
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