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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2010 alle ore 06:44.
ROMA - L'ala più moderata della pattuglia di Gianfranco Fini si affretta a chiarire: nessuna decisione definitiva, il nodo sulla sfiducia a Silvio Berlusconi sarà sciolto solo il 13 dicembre dopo aver ascoltato il premier. Nella speranza, non del tutto archiviata dalle colombe, che nel frattempo arrivi una risposta alle richieste avanzate dal leader di Futuro e libertà a Bastia Umbra.
A giudicare dalle parole di Adolfo Urso, però, la strada verso la sfiducia sembra ormai imboccata. «Al momento – spiega il coordinatore di Fli – l'ipotesi dell'astensione è sempre meno probabile e ogni giorno che passa diventa sempre più probabile la mozione di sfiducia». Anzi, se si interpellano gli oltranzisti, la mozione sarebbe ormai cosa fatta. «Fini è deciso ad affidare la valutazione finale ai gruppi parlamentari – chiarisce uno dei falchi –. Ci riuniremo per prepararla e farla sottoscrivere da tutti i deputati e i senatori».
La strada pare dunque tracciata. E ieri Fini ha incontrato il leader dell'Udc, Pierferdinando Casini, per mettere a punto una strategia comune. «Noi voteremo la sfiducia a Berlusconi - sintetizza Roberto Rao, l'uomo più vicino al numero uno dei centristi -. O lo faremo con Fli oppure convergeremo sul documento di Pd e Idv». Insomma, a via Due Macelli l'orizzonte è chiarissimo e si resta in attesa di capire la strategia finale di Fli.
Per ora il semaforo segna rosso-sfiducia e Fini lo ha ribadito anche lunedì pomeriggio incontrando i maggiorenti di Fli. Un briefing per chiedere compattezza sul voto, recuperando per strada i malpancisti, e per rimarcare che ad oggi non ci sono le condizioni per cambiare le carte in tavola. «Sfiduciamo il governo - è il ragionamento che Fini consegna ai suoi - a meno che il lavoro che sta portando avanti Letta non porti dei frutti». Perché il sottosegretario, che gode del tifo delle colombe finiane, continua ad adoperarsi per una ricucitura. Convinto che forse non tutto è perduto. Tanto che ieri si è lasciato andare a una battuta dietro cui si intravvede un debolissimo spiraglio. «Sono rappresentante pro tempore del governo – ammette Letta –: non so quanto lungo o breve, non si sa mai».