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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2010 alle ore 06:37.
Una massa di debiti, enorme. Tutti ipergarantiti e da rimborsare: come si fa? Le misure di stimolo all'economia, i costosi salvataggi bancari e, più semplicemente, il gioco della recessione, che riduce le entrate fiscali e aumenta spese e sussidi hanno fatto aumentare l'esposizione degli stati. Secondo il Fondo monetario internazionale, a fine 2011 il debito pubblico dei paesi avenzati sarà più elevato di 29 punti percentuali di Pil rispetto all'inizio della crisi. E potrebbe aumentare ancora.
C'è un problema, allora. Perché tornare a livelli ragionevoli non potrà significare altro che surplus primari, minori spese pubbliche, forse - anche se molti lo sconsigliano - più tasse. In poche parole: un freno alla crescita, i cui effetti bisognerebbe compensare per vie che potrebbero rivelarsi conflittuali, politicamente dolorose se non impraticabili.
Non sorprende, allora, che si moltiplichino le proposte per una ristrutturazione dei debiti, soprattutto in Italia, patria storica della scienza delle finanze ma anche di un debito pubblico da anni straordinariamente elevato. Ha iniziato a febbraio Paolo Savona, docente alla Luiss, che ha proposto sostanzialmente di cominciare da zero o meglio dal 60% (del Pil): bisogna, spiega, trasferire tutto il debito al di sopra di questa soglia al Fondo monetario internazionale, che dovrebbe detenerlo «per un lungo periodo». Qualcosa di simile - ha spiegato - a quello che fece l'Italia dopo la crisi del 1929-33.
L'ultima in ordine di tempo è invece l'idea avanzata qualche giorno fa da Alberto Quadrio Curzio, docente alla Cattolica di Milano. L'economista ha riproposto una vecchia ricetta alternativa al consolidamento, quella di una imposta patrimoniale «ben dosata per fasce», affiancata però, per evitare gli effetti recessivi della tassazione aggiuntiva, da un'«emissione di eurobond con garanzia aurea data dalle riserve ufficiali», per investimenti in infrastrutture e ambiente, scienza e tecnologia.
Più articolata - e mirata a evitare gli effetti recessivi del debito - è l'idea di Vincenzo Visco, presidente del Centro studi Nuova economia, nuova società. L'ex ministro propone di conferire tutto l'extradebito emesso dopo il 2007 a uno o più fondi, che si troverebbero ad avere un attivo ipergarantito, e che dovrebbero essere attivi sul mercato e comportarsi come un qualunque investitore non speculativo. Per pagare gli interessi e il servizio del debito si può poi destinare a questi fondi le entrate di un'imposta sulle transazioni finanziarie.