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Questo articolo è stato pubblicato il 01 dicembre 2010 alle ore 13:05.
È un simbolo della lotta per la democrazia. Aung San Suu Kyi, il premio Nobel per la pace tornata libera il 13 novembre e perseguitata dal regime militare al potere in Myanmar, l'ex Birmania, ha passato 15 degli ultimi 21 anni agli arresti. Per la prima volta dopo la sua liberazione manda un video messaggio in esclusiva pubblicato da Foreign Policy.
«Quando sono tornata in libertà - dice - la cosa che più mi ha stupito è che tra le persone che mi sono venute a salutare, quelle che lottano per la nostra causa, ci sono molto più giovani di quanto non fosse anni fa. Diverse nuove generazioni si sono unite a noi».
Un aspetto molto positivo secondo la leader della resistenza al regime birmano, perché si tratta di gente che conosce molto meglio gli strumenti di quella che lei definisce «la nuova rivoluzione tecnologica». Tutto questo dice «mi incoraggia molto e mi rende ottimista perché le nuove tecnologie permettono una migliore comunicazione tra le nuove generazioni». Questo significa che oggi è molto più facile «imparare dai nuovi pensatori, dai giovani, dalla gente che mentre io ero reclusa hanno potuto vedere cosa accadeva».