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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2010 alle ore 10:03.
La crisi ha prodotto effetti perversi su una sola componente del mercato del lavoro: l'occupazione giovanile. Lo attesta il rapporto Censis 2010 sulla situzione sociale del Paese presentato oggi a Roma. E la gravità dell'allarme lanciato è racchiusa nei dati del rapporto. Nel 2009 tra gli occupati di età compresa fra i 15 e i 34 anni sono stati persi circa 485mila posti di lavoro (- 6,8%), mentre nei primi due trimestri del 2010 ne sono stati bruciati quasi 400mila (-5,9 per cento). Dunque in un anno e mezzo sono stati circa 885mila i posti persi dai giovani.
In generale, invece, a parte la fascia dei 35-45enni (- 1,1% nel 2009 e - 0,7% nel 2010), negli altri segmenti occupazionali l'occupazione non solo ha tenuto, ma è risultata in crescita. Per esempio è aumentata di 85mila unità nella fascia 45-54enni e di più di 100mila fra gli over 50 (+ 3,7 per cento). E i primi segnali del 2010 sembrano confermare il trend positivo.
La componente giovanile, secondo il Censis, è stata penalizzata sia dal maggiore coinvolgimento nel lavoro flessibile anche dalla forte contrazione del lavoro a progetto (- 14,9%) e del lavoro temporaneo (- 7,3 per cento). Da non trascurare, poi, la crescente inadeguatezza del sistema formativo a produrre competenze che servano veramente alle imprese e alla formazione dei giovani.
L'occupazione in "rosa" sembra resistere meglio di quella maschile, secondo il rapporto. Tra il 2008 e il 2009 gli uomini hanno perso 274mila occupati (-2%) mentre fra le donne i posti di lavoro bruciati sono stati 105mila (-1,1 per cento). Tendenza confermata anche nei primi due trimestri del 2010, che hanno registrato una contrazione dell'1,1% dell'occupazione maschile e dello 0,5% di quella femminile. Certo bisogna però anche ricordare il minor peso delle donne nel mondo occupazionale.
Il rapporto segnala anche, tra le tipologie di lavoro autonomo, una crisi di quello imprenditoriale. Tra il 2004 e il 2009 il numero di imprenditori è passato da 400mila a 260mila (- 35,1%), con una perdita secca di circa 140mila unità. Solo il lavoro libero professionale ha registrato una piccola crescita (+ 2,2 per cento). File indebolite anche per gli artigiani che hanno registrato una perdita secca di 90mila unità.