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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2010 alle ore 06:37.

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Ultimo assalto sul filo di lana dei governatori per tentare di ammorbidire i tagli da 4 miliardi nel 2011 (e altri 4,5 nel 2012) frutto della manovra estiva del governo. Con una proposta precisa sul tavolo: ripristinare la fiscalizzazione delle risorse (1,1 miliardi) legate al trasporto pubblico locale su ferro – già prevista dalla Finanziaria 2008 ma cancellata dalla manovra estiva – con una compartecipazione delle regioni all'accisa sugli olii combustibili per l'autotrazione. Il tutto senza deroghe al patto di stabilità per mantenere invariati i saldi di finanza pubblica e rispettare i paletti di Maastricht.

È con questa carta – preparata dall'assessore al bilancio lombardo Romano Colozzi (Pdl) – che ieri le regioni hanno finalmente incontrato Giulio Tremonti e altri tre ministri (Fitto, Bossi e Calderoli) sulla partita ormai arrivata al capolinea che tiene insieme la manovra 2011 e i decreti sul federalismo fiscale, a partire da quello in stand by su fisco regionale e costi standard sanitari. Due partite che finanziariamente si tengono insieme a doppia mandata, tanto che le regioni hanno fatto capire a chiare lettere che solo con un alleggerimento della manovra ci sarà il lasciapassare al decreto sul federalismo. Altrimenti giovedì 9 dicembre in conferenza unificata daranno parere negativo: il governo potrà procedere per la sua strada, ma con un'arma politicamente molto più debole, al di là della situazione politica complessiva di per sé già complicata.

Sulla proposta delle regioni, riassunta successivamente dai governatori in una serie di incontri con i capigruppo di tutti i partiti al Senato, la risposta arriverà in tempi relativamente stretti. Tremonti, che ha ribadito la necessità di tenere altissima la guardia dei conti pubblici, ha preso tempo per valutare e verificarne tutti gli effetti con la Ragioneria generale. E nonostante le ampie aperture di credito ricevute da tutti i partiti al Senato, la risposta positiva, se arriverà, troverà spazio solo nel milleproroghe di fine anno. Per il momento ci sarà un impegno bipartisan con un ordine del giorno da approvare con la legge di stabilità, che intanto procederà blindata senza modifiche per un varo lampo la prossima settimana a palazzo Madama.

«Abbiamo chiesto di tornare alla fiscalizzazione del trasporto pubblico locale che è stata cancellata dalla manovra – ha spiegato Vasco Errani (Emilia Romagna) per tutti i governatori -. Abbiamo inoltre chiesto che, laddove si dice che la manovra non avrà incidenza sul federalismo fiscale, vengano annullati coerentemente i tagli da 4,5 miliardi sui trasferimenti in quanto già esiste una riduzione analoga nel patto di stabilità interno». E senza risposte (positive), Errani ha ribadito che la settimana prossima il parere dei governatori ci sarà senz'altro («è impossibile che vadano avanti i decreti sul federalismo senza il parere di regioni e autonomie»), ma che altrettanto sicuramente si tratterà di una bocciatura. Perché sarebbe un federalismo fiscale finanziariamente spuntato in partenza.

A tenere alta la tensione sul federalismo s'è aggiunto intanto il decreto, approvato martedì dal governo, che sanziona – fino alla rimozione, all'interdizione per 10 anni dai pubblici uffici e alla perdita del 30% dei contributi elettorali – i governatori colpevoli di default sanitario. Il coro di critiche è stato unanime, o quasi, con accuse esplicite di centralismo e di incostituzionalità. E con l'invito polemico dei governatori di centrosinistra di prevedere allora anche la «sanzione politica» e l'incandidabilità per l'eventuale fallimento politico del presidente del consiglio.

IL DLGS CONTESTATO
Le sanzioni per le regioni...
Il default sanitario costerà automaticamente il posto ai governatori; saranno rimossi per fallimento politico, interdetti per 10 anni da qualsiasi carica in enti pubblici e il loro partito, la lista o la coalizione dovrà restituire il 30% del contributo elettorale incassato

...e per gli enti locali
I sindaci e i presidenti di provincia di un'amministrazione in rosso potranno essere dichiarati ineleggibili per 10 anni al comune, alla provincia, alla regione e al parlamento nazionale ed europeo

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