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Questo articolo è stato pubblicato il 02 dicembre 2010 alle ore 06:36.
ROMA
Ogni cittadino italiano trasporta un peso pari a 30mila euro di debito della pubblica amministrazione. A tanto ammonta la ripartizione spannometrica degli oltre 1.800 miliardi del debito pubblico, suddiviso per la popolazione. Ad alleviare questa pena, però, c'è una consolazione non affatto magra: il debito pubblico è gestito e amministrato da una squadra di professionisti la cui expertise e capacità è collaudata nel tempo, oramai indiscussa e apprezzata su scala internazionale persino dal Financial Times, mai tenero con l'Italia. Questo concentrato di professionalità del ministero dell'Economia trascorre le sue lunghe giornate nel palazzo delle Finanze, all'interno di un perimetro lungo un chilometro, civico 97 di via XX Settembre, a pochi passi dal Quirinale e dalla Banca d'Italia. Di questi tempi cupi per il debito sovrano europeo, questa squadra è invidiata da molti stati dell'eurozona periferica che da un anno all'altro hanno scoperto quanto sia difficile chiudere bene un'asta di titoli di stato e quanto sia complicato far quadrare i conti pubblici con un'elevata spesa per gli oneri degli interessi sul debito.
Al ministro dell'Economia Giulio Tremonti viene riconosciuto il merito, in Italia, in Europa e non solo, di aver tenuto la barra dritta dei conti pubblici nel pieno della peggiore crisi economico-finanziaria dal dopoguerra. Il numero uno di via XX Settembre è sempre pronto a estendere il merito della tenuta del sistema-Italia agli italiani che risparmiano e non si indebitano, alle banche che sono solide, alle famiglie ammortizzatori sociali. Ma va altrettanto fiero del suo ministero, una macchina oliatissima che gestisce con serenità il terzo debito pubblico al mondo «senza avere il terzo Pil al mondo». I volti noti del Mef sono tanti, ovviamente, per i ruoli che ricoprono e le responsabilità che gli vengono attribuite, dal direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli al capo di gabinetto Vincenzo Fortunato, dal consigliere diplomatico Carlo Baldocci (immancabile nelle sempre più frequenti sedute a oltranza a Bruxelles) al consigliere politico Marco Milanese. Fondamentale la Ragioneria generale dello stato guidata da Mario Canzio, Fabrizia Lapecorella a capo del dipartimento delle finanze e il capo ufficio legislativo economia dove però Gaetano Caputi viene dato in uscita, per entrare alla Consob.