Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2010 alle ore 09:53.
La bufera WikiLeaks ha trovato Silvio Berlusconi ancora una volta sulla strada di Vladimir Putin, diretto a Soci dove oggi presiederà con Dmitrij Medvedev al settimo vertice intergovernativo Italia-Russia. Ministri e imprenditori, economia e affari internazionali: e naturalmente, un "fuori programma" con il primo ministro, un pranzo a tre a rischio solo perché Putin è saltato sull'aereo per Zurigo non appena ha avuto la notizia che la sua Russia ospiterà i Mondiali 2018. Di colpo, le accuse lanciate a Mosca attraverso WikiLeaks sono finite in secondo piano.
Le prime notizie pubblicate nei giorni scorsi non avevano impensierito troppo il primo ministro russo, definito «un capo branco», descritto come Batman. «Non mi sembra una catastrofe», aveva commentato Putin sulla tv americana, intervistato da Larry King. Ieri però New York Times e Guardian hanno tirato fuori l'artiglieria pesante nei confronti della Russia e dell'uomo attorno a cui ruota un'«autocrazia corrotta» in cui il denaro ha preso il posto dell'ideologia comunista. Così dicono le fonti sentite da John Beyrle, ambasciatore americano a Mosca. In Russia i partiti politici lavorano fianco a fianco con i gruppi mafiosi, le forze dell'ordine proteggono i racket, le spie usano i boss per gestire insieme il traffico d'armi, le tangenti sono un sistema fiscale parallelo che mantiene polizia, funzionari pubblici, servizi di sicurezza.
E al centro di tutto ci sarebbe Putin, con le sue ricchezze ammassate all'estero grazie soprattutto all'energia. I dispacci di WikiLeaks riprendono accuse emerse due anni fa: il legame tra Putin e una società di trading petrolifero basata in Svizzera, Gunvor, in mano a un vecchio amico, Gennadij Timchenko. Denaro, petrolio, una cricca corrotta: «Moccio spiaccicato su un foglio di carta», così Putin aveva commentato le accuse nel 2008. «Dicerie ridicole senza un fatto che le sostenga - si indigna oggi il portavoce del premier, Dmitrij Peskov - se i telegrammi sono autentici c'è da stupirsi che un diplomatico americano scriva spazzatura simile». A Soci qualcuno scuote la testa: «Noi mafiosi? E gli altri paesi allora?». Però chiedono dove sta scritto, perché la tv pubblica parla di WikiLeaks in modo molto giudizioso, centellinando le notizie. Ora, del resto, c'è da pensare ai Mondiali.