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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2010 alle ore 16:34.

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Nella foto l'ex sindaco di Bologna Flavio Delbono (Ansa)Nella foto l'ex sindaco di Bologna Flavio Delbono (Ansa)

Una richiesta di patteggiamento, ma anche una lettera alla città. Arriva così al primo epilogo il Cinziagate, il "terremoto" che ha scosso Bologna a gennaio con le dimissioni del sindaco Flavio Delbono, rimasto in carica per soli sei mesi e travolto dall'accusa di aver utilizzato soldi pubblici per pagare spese personali e vacanze fatte dal 2003 al 2008 – all'epoca in cui era vicepresidente della Regione Emilia-Romagna - con l'allora segretaria ed ex compagna Cinzia Cracchi. Le accuse per l'ex primo cittadino sono di peculato, truffa aggravata, intralcio alla giustizia e induzione a rilasciare false dichiarazioni per via delle pressioni fatte, secondo l'accusa, alla sua ex compagna.

All'udienza preliminare di oggi i legali di Delbono (con l'assenso del pm Morena Plazzi) hanno presentato una proposta di un anno, sette mesi e dieci giorni. Il tutto è avvenuto in un'udienza lampo, durata circa mezz'ora. Il gup Bruno Perla comunicherà la sua decisione il 31 gennaio. Lo stesso giorno si svolgerà il rito abbreviato per Luisa Lazzaroni, ex assessore comunale al Welfare, fedelissima di Delbono e accusata solo degli ultimi due reati (induzione a rendere false dichiarazioni ai pm e intralcio alla giustizia).

La richiesta di patteggiamento per Delbono prevede anche un risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale ai danni della Regione Emilia-Romagna che si è costituita parte civile. A tal proposito l'ex sindaco ha già versato un assegno di oltre 46mila euro nelle casse di Viale Aldo Moro. Il comune di Bologna resta invece fuori dalla vicenda giudiziaria: al contrario della Regione, Palazzo d'Accursio ha fatto sapere di non voler chiedere il danno d'immagine.

E così, se il giudice dovesse accogliere questa richiesta di patteggiamento, Delbono, che ora è tornato ad insegnare all'università di Bologna, non rischierebbe l'interdizione dai pubblici uffici che è disposta solo per pene superiori ai 3 anni. Oggi però l'ex primo cittadino di Bologna ha fatto diffondere anche una lettera alla città, che rompe mesi di silenzio. Nella lettera dice di aver «commesso due errori imperdonabili», per aver «mischiato per un periodo la mia attività pubblica con la mia sfera privata» e per non aver «compreso in tempo il cinico opportunismo di chi era parte di quella sfera. Non c'è giustificazione in tutto ciò, non ne offro, non ne cerco». Eppure, aggiunge Delbono, «se ho sbagliato commettendo fatti che, in nove anni, hanno comunque cagionato un danno assai inferiore a quei 20mila euro che mi vengono addebitati, vorrei gridare a testa alta la mia totale assoluta estraneità ad accuse che ancora gravano su di me». Delbono ha parlato poi di dimissioni «per evitare disagio alla città», ma anche di «essere stato ingannato come molti, dalla possibilità di un voto rapido che limitasse la durata del commissariamento». A ogni modo, assicura di non essere «la mela marcia della politica locale» e giura di essere assolutamente «estraneo» alle accuse di corruzione per cui è indagato in un altro filone dell'affaire Cinzia.

Alla base di questo secondo fascicolo ci sono i rapporti con il suo amico Mirko Divani, consulente informatico che nbegli anni ha avuto appalti dal Cup – centro di prenotazione sanitaria controllato dalla Regione – e intestatario del bancomat dato in uso per anni a Cinzia Cracchi. L'ultimo filone legato al Cinziagate è infine quello per cui il pm Plazzi ha inviato pochi giorni fa l'avviso di fine indagine e concerne il "surplus" di 800 euro netti garantito a Cinzia Cracchi anche dopo il passaggio in pianta stabile dalla Regione al Cup. Per questa vicenda a Delbono si contesta il concorso esterno in abuso d'ufficio: per la procura fu lui ad architettare tutto, da un lato per allontanare Cracchi da viale Aldo Moro (dove lavorava anche la sua nuova compagna, Stefania Barresi), dall'altro per metterla a tacere e proteggere la sua reputazione in piena campagna elettorale.

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