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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2010 alle ore 17:59.
RIMINI - A una settimana dalla contestazione pubblica al ministro Angelino Alfano durante il congresso forense di Genova, è ancora la mediaconciliazione a tenere banco e a mantenere alta la fibrillazione nel rapporto tra avvocati e politica.
Al Salone della giustizia di Rimini, giunto alla 2° edizione nel feudo del presidente della commissione giustizia del Senato, Edmondo Berselli, i legali tornano all'attacco, andando all'assalto della folta rappresentanza romana salita per l'occasione alla Fiera romagnola.
Il primo a chiedere una drastica presa di posizione è Maurizio De Tilla, presidente dell'Oua, che davanti ai sottosegretari Maria Elisabetta Alberti e Giacomo Caliendo reclama l'adozione di due decreti legge, nel caso il governo cadesse: il primo per neutralizzare gli effetti devastanti delle liberalizzazioni Bersani, abrogando tout court la legge, il secondo per seppellire una volta per tutte l'obbligatorietà della mediaconciliazione.
Un rospo che gli avvocati proprio non vogliono digerire, quello della “adr” imposta per legge, e su cui comunque i sottosegretari cercano una mediazione con la folta platea: mentre la Casellati spiega che è sua abitudine agire prima di parlare – aggiungendo che la mediaconciliazione non è punitiva per la classe forense, e che comunque porterà «questa vostra istanza al ministro» - Caliendo garantisce che, come in Francia, la mediaconciliazione «parte obbligatoria, per formare una cultura di conciliazione, e poi diventerà facoltativa», ricordando che nel '42, al debutto del processo civile vigente, i conciliatori assorbivano il 65% del contenzioso.
E mentre il capogruppo del Pdl in Senato, Maurizio Gasparri, sorvola sulle questioni di bottega («scusate ma non sono un tecnico del diritto») affrontando il tema delle riforme costituzionali («è ora di metterci mano, a cominciare dall'autogoverno della magistratura, che tutti rispettano ma che è oggi un po' troppo “dialettico” rispetto agli altri poteri»), sull'urgenza di misure organizzative tampone concordano un po' tutti.
Il segretario dell'Anm, Luca Palamara, parla di tre punti qualificanti per l'azione sulla magistratura, dall'eliminazione dei costi inutili all'utilizzo più razionale delle risorse, all'informatizzazione del sistema. A proposito della quale il sottosegretario Caliendo aggiunge che è difficile far decollare davvero il processo telematico «se solo 22mila avvocati ad oggi hanno la posta certificata, di cui 8.900 a Milano». Al tavolo del lungo convegno d'inaugurazione arriva anche, inascoltata, la protesta dei viceprocuratori e della magistratura onoraria "umiliati" dall'ipotesi che lo smaltimento dell'arretrato venga perseguito pagando a gettone personale extra ordinamento.