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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2010 alle ore 06:36.
ROMA
«Credo che il Parlamento tra qualche giorno testimonierà quello che tutti sanno, e cioè che il governo non c'è più e che non è in grado di governare». Al premier che bolla il terzo polo come «una bufala» e sostiene che avrà «i numeri» il 14 dicembre, Gianfranco Fini risponde a sua volta con le cifre: in 85 hanno firmato la mozione di sfiducia Fli-Udc–Api-Mpa-Liberaldemocratici depositata ieri alla Camera. Se a questi 85 si sommano i deputati dell'opposizione di sinistra, Pd e Idv, si arriva a 317, ossia una testa in più della maggioranza di Montecitorio.
Nella mozione centrista si fa esplicito riferimento a un governo di responsabilità nazionale che affronti la crisi economica dove si auspica «l'avvio di una nuova fase politica della legislatura ispirata al senso di responsabilità nazionale e istituzionale, che punti a modifiche della legge elettorale per restituire ai cittadini la scelta degli eletti, con un governo capace di prendere le misure adeguate per evitare il declino del Paese e garantire il suo futuro civile e economico».
È chiaro che i terzopolisti puntano a un governo di centro-destra allargato alle «forze responsabili». E un governo siffatto, anche se nessuno dei centristi lo dice e il Berlusconi bis resta sul tavolo, difficilmente potrebbe essere guidato dall'attuale premier. Ma da un suo fedelissimo sì, come vorrebbe anche una parte della Lega per evitare una fine traumatica della legislatura e l'interruzione del processo federalista. È il leader dell'Udc Pierferdinando Casini a lanciare Gianni Letta: «Il sottosegretario a Palazzo Chigi non andrebbe bene ma benissimo». Oltre a Letta si fanno i nomi anche di Giulio Tremonti o Angelino Alfano.
Insomma, tutto fuorché il voto. «Non si andrà a votare – dice con sicurezza Fini alludendo anche a presunte intenzioni del Quirinale –. È il momento in cui l'Italia deve mettere sul tappeto 120 miliardi di euro in titoli: e con questi chiari di luna si va verso la campagna elettorale? Non si andrà a votare ma non si potrà continuare con la situazione che c'è oggi. Il capo dello Stato sa cosa fare. Non dico di più». Tanto basta a far sollevare un ministro pidiellino come Altero Matteoli, che chiede conto delle parole di Fini: «Il presidente della Camera interpreta il presidente della Repubblica? Se lo avesse fatto Berlusconi sarebbero scoppiate le polemiche».