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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2010 alle ore 06:37.
Il governo di «responsabilità nazionale» per affrontare la crisi economica e riformare la legge elettorale esce dai retroscena dei giornali ed entra ufficialmente nel dibattito parlamentare con la mozione di sfiducia depositata ieri alla Camera da Fli-Udc-Api-Mpa. Una mozione firmata da 85 parlamantari che, sommati a quelli di Pd e Idv, portano alla fatidica soglia di 317. «Il governo non c'è più», sentenzia Gianfranco Fini replicando a un Silvio Berlusconi fiducioso di ottenere il sì di Montecitorio il 14 dicembre.
I centristi puntano dunque a un governo di responsabilità, e i nomi che si fanno sono sempre gli stessi: Gianni Letta – lanciato ieri da Casini –, Giulio Tremonti o Angelino Alfano. Fini si dice convinto che con la crisi economica e finanziaria in atto non si potrà votare; il Pdl ripete con Berlusconi che se il governo non avrà la fiducia non restano che le urne. Tanto che Giorgio Napolitano, tirato per la giacchetta, ha voluto precisare: «Nessuno può oscurare le prerogative del Colle». A dieci giorni dalla verità si preannuncia un sanguinoso muro contro muro.