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Questo articolo è stato pubblicato il 07 dicembre 2010 alle ore 15:43.
La strada per diventare professionisti del sushi si semplifica e attira sempre più stranieri in Giappone. Accanto ai "tre anni per lavare il riso e otto per modellarlo", tradizionalmente richiesti per iniziare la professione nel paese, alcune scuole hanno iniziato a organizzare corsi intensivi per permettere anche ai non residenti di imparare e riportare in patria l'arte del noto piatto nipponico, nel più breve tempo possibile.
Nell'Accademia del sushi di Tokyo, nel quartiere di Shinjuku, l'apprendistato è pensato in base all'esperienza e alle esigenze di ciascun iscritto. Oltre a quelli tradizionali per i giapponesi, nella scuola, l'unica del paese dedicata solo al sushi, ci sono corsi che durano solo un anno. Tuttavia, ha riferito al settimanale giapponese Shukan Bunshun il direttore dell'Accademia Makoto Fukue, quello che ha maggior successo è il corso di edomae-zushi (in Italia conosciuto semplicemente come sushi) che dura pochi mesi, ed è pensato per chi è in Giappone con un visto turistico. In otto settimane di corso, gli studenti imparano a maneggiare il coltello, tagliare il pesce e lavorare il riso, e a preparare altri piatti tipici della cucina giapponese come il tempura e l'udon.
«All'estero se si parla di sushi ci si riferisce soprattutto al maki-zushi (da noi conosciuto come roll)», ha spiegato Fukue, «ma negli ultimi due, tre anni nella nostra scuola sono aumentati gli stranieri che vogliono imparare a preparare anche le altre varianti. Per questo dallo scorso anno abbiamo iniziato a tenere anche corsi in inglese». Dall'apertura nel 2002 nella scuola si sono diplomati più di mille studenti, dai 20 ai 60 anni, ma l'età media di chi frequenta per diventare un cuoco professionista è compresa tra i 25 e i 35 anni; i corsisti stranieri che superano i quarant'anni sono soprattutto liberi professionisti che intendono iniziare un'attività nel proprio paese. Nonostante una retta di circa 850mila yen (7600 euro circa) per il corso breve e le spese di permanenza in Giappone, quest'anno si è registrato un aumento del 50 percento di stranieri e il più alto numero di europei. Finora si sono diplomati anche tre italiani, l'ultimo nel corso di luglio-agosto è stato il trentenne campano Ferdinando Puocci.